Il Duomo di San Zenone: la Triple Rock Church di Aviano

In qualità di Kapellmeister e di frequentatore assiduo del Duomo di San Zenone mi sento in dovere di raccontarvi quello che questa chiesa rappresenta per me. Premetto che sono un fervente cattolico, ma mi reputo abbastanza aperto di vedute, non un bacchettone fariseo, per intenderci. Non voglio convertire nessuno, sia chiaro.

Parto con una invocazione alle Muse, anzi alla Musa per eccellenza, la Madonna, anche lei presente nel Duomo con una bella statua, cui gli Avianesi tutti sono molto devoti.


Per gli amanti della storia dell’arte consiglio di fare riferimento al libro rappresentato in figura, scritto da Mons. Eugenio Filipetto, mio amato prozio. Non sono un esperto della materia, ma credo che i tesori non manchino: personalmente rimango estasiato ogni domenica durante la Messa contemplando la pala dell’Altare Maggiore (Ascensione di Gesù al Cielo, con apostoli e San Zenone in abiti pontificali). Molto significativi sono il Battistero di Padre Marco, messo in evidenza recentemente per volontà del Parroco Don Franco Corazza, e la Statua del Beato, posta sull’altare vicino all’ingresso del lato destro, ai cui piedi si trova un libro in cui i fedeli possono scrivere le loro preghiere.
Mi permetto di riportare due note personali. Oltre ad avere ricevuto tutti i Sacramenti in questa Chiesa, quasi ogni mattina mi ci reco per leggere la Parola di Dio del giorno: vi assicuro che questo mi sfama e mi soddisfa almeno quanto una bella brioche con cappuccino al Bar Sport.


E poi alla fine non posso dimenticare la Musica: dalle prime esperienze all’organo durante le messe di Natale quando avevo 10 anni, fino all’animazione liturgica assieme alla mia amata band, i THEevangelisti, ho camminato nella fede accompagnato dalle note. Se avete bisogno di un po’ di catechismo, come Jake ed Elwood, avete trovato il posto giusto.
Per concludere, il Duomo di San Zenone può essere considerato come una Vecchia Signora, apparentemente povera, ma che al visitatore attento dischiuderà una ricchezza inconsueta, che nulla ha da invidiare ad altre sorelle più blasonate. Non un tempio vuoto, ma la Casa di una Comunità viva.

Quello che conta davvero

Sono sempre stato ossessionato dalla felicità. Come per tutti, credo, la vita mi ha fatto assaporare momenti di intensa sofferenza e altri di pura estasi.
Questo susseguirsi di emozioni forti può comportare una notevole fatica e una grossa difficoltà a trovare un equilibrio, ma dopo quasi quindici anni di montagne russe sento come di avere cominciato a capire, a conoscere me stesso e quindi proprio quelle montagne russe che per molto tempo mi hanno fatto penare, adesso sono quasi delle colline e non mi fanno più paura.
Cosa è legittimo aspettarsi? Cosa vuol dire essere felici? La felicità è forse la pace dei sensi?
Mi chiedo, assieme a Mario Venuti e Carmen Consoli, se si può davvero essere felici per una vita intera, se è davvero così insopportabile.

Le montagne russe hanno un nome ben preciso, e non mi vergogno a fare outing dicendo di soffrire di disturbo bipolare. Non è qualcosa che mi definisce come persona, è una croce che mi porto dietro da qualche tempo, e che ho imparato ad abbracciare; è stata pesante ma non mi ha condizionato a tal punto da rovinare la mia vita, anzi, forse le ha dato davvero un senso. Eppure non per tutti è così, non tutti hanno avuto l’overdose di fortuna che ho avuto io.
Come canta il Max nazionale si tratta di “casi ciclici”, come la notte insegue il giorno, così la luna si alterna al sole, in tutti i sensi.

La felicità, per come la intendo io, è molto diversa dalla pace dei sensi, dall’assenza di conflitti, dall’eterno riposo. La felicità è affrontare ogni giorno e superare se stessi, vincersi.
La felicità è andare verso gli altri, andare per le strade, inseguire la felicità degli altri per ritrovare la propria. La felicità è essere vivi, dare la vita per un Ideale.
La felicità è giocare alla reciprocità dell’Amore.
Questa è, davvero, perfetta letizia!

Utopia fatta in casa

Davvero non riesco a sopportare il modo di dire secondo cui parlare di “Pace nel Mondo” sia equivalente a discutere del sesso degli angeli. Quando sento che qualcuno usa questa espressione mi infervoro, mi arrabbio e si scatenano delle reazioni biochimiche dentro di me che non mi fanno stare bene. Secondo il mio modesto parere, in questo particolare periodo storico, è quanto mai urgente parlarne, per comprendere quello che è successo nel passato, quello che sta succedendo nel presente e quello che potrebbe succedere nel futuro. Ho come la vaga impressione che ci sia qualcuno che abbia più a cuore che si parli di moda, di talent show e altre amenità piuttosto che la gente comune diventi consapevole di dinamiche sociali perverse e possa in qualche modo introdurre delle “anomalie” nel sistema.

Anche qui voglio fare riferimento alla Costituzione più bella del mondo, che all’Articolo 11 dichiara:

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Quante volte consideriamo queste solo come delle belle parole. Dovremmo tatuarcele sulla pelle, caspita! Siamo abituati a considerare la Pace come “assenza di guerra”, ma per la vera realizzazione della persona umana (quella di ognuno di noi) dobbiamo passare all’azione. Non basta essere non violenti in senso passivo, ma sarebbe bello se tutti, nel nostro piccolo, promuovessimo e favorissimo iniziative di pacificazione a tutti i livelli
La Costituzione è solo un esempio, ma in diversi contesti esistono “regole” che, se prese davvero sul serio, trasformerebbero il nostro mondo in un Paradiso in terra. Tra quelle che conosco meglio ricordo la Legge scout ad esempio, alle regole monastiche e alla universalissima Regola d’Oro

“Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”:
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Di sicuro ogni uomo e donna di buona volontà potrà fare riferimento ad una “Regola” a suo piacimento.
Non c’è niente da inventare, la Pace non è qualcosa di complesso. Fare riferimento a grandi figure del passato può essere d’aiuto. Possiamo provare a pensare a questi uomini e donne non come a dei Supereroi, ma come gente che ha avuto la fortuna di ricevere una Chiamata, ha saputo vincere sè stessa e ha avuto il coraggio di andare fino in fondo. Si tratta di modelli che andrebbero studiati forse un po’ di più nelle aule di scuola. La Chiamata è rivolta anche a noi, ma spesso siamo occupati a pensare ad altro e non ascoltiamo nemmeno i messaggi della Segreteria.
I miei Fab4 sono, in ordine sparso: Chiara Lubich, Lord Robert Baden Powell, Padre Marco d’Aviano, San Francesco d’Assisi. Li ho scelti tra tanti perchè sono stati tra i grandi del passato che hanno avuto l’impatto più importanti sul mio percorso. Ognuno può scegliere i suoi e le sue. Sarebbe bello che i bambini raccogliessero le figurine di questi personaggi, ma forse è un’utopia. E magari insieme a questi uomini giusti anche noi potremo un giorno formare tante costellazioni.

La Pace è qualcosa di semplice, ma richiede dei requisiti imprescindibili. Non possiamo costruire pace se siamo in contraddizione con noi stessi. Quando ci sono dei conflitti interiori o delle situazioni non risolte con le persone più prossime a noi ogni nostro discorso sulla pace è un’illusione, prima di tutto per noi stessi
La Pace è qualcosa che si può (e forse si deve) fare in casa!

Dal Sepolcro alla Porziuncola

A cosa assomiglia il tuo posto di lavoro? Come lo “abiti”? Cosa ti evoca quando ti ci rechi ogni mattina? Mi permetto di prenderla un po’ larga…
A volte facciamo finta di non saperlo, ma il primo Articolo della nostra magnifica Costituzione dice che l’Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro: non su Facebook, non sulla televisione, non sul Campionato di Serie A. Sul Lavoro.
Non è difficile realizzare quanto sia importante per la nostra vita attuare prima di tutto un buon autogoverno, fatto da cui dipende in modo indissolubile la nostra salute mentale. Personalmente penso che avere un rapporto sano con il proprio lavoro sia forse l’aspetto più importante su cui basare una vita davvero equilibrata.

Oltre ai contenuti del nostro lavoro (Cosa?) e alle modalità (Come e Quanto?) vorrei mettere a fuoco quelli che sono i contenitori e gli spazi in cui vengono esercitate le nostre attività (Dove?).
Se davvero il lavoro è un aspetto fondante della nostra comune convivenza civile, dovremmo pensare ai nostri posti di lavoro come a dei luoghi sacri. Ho in mente uno spazio fisico in cui realizzare una vera e propria elevazione, mettendo in gioco i propri talenti e facendo fiorire delle relazioni davvero armoniche. Come la sala prove di un coro. il posto di lavoro deve avere delle ben precise qualità dal punto di vista acustico perchè il suono risulti bello e pieno.
Può bastare poco per fare un salto quantico con il proprio pensiero, e cominciare a vedere il nostro luogo di lavoro con occhi nuovi. Quello che scrivo è il frutto di una meditazione guidata di cui ho fatto esperienza pochi giorni fa presso lo spazio artU, che ospita lo ULAB HUB di Pordenone. Da Sepolcro – per non dire campo di lavoro – possiamo cominciare a immaginare il nostro ufficio, la nostra officina, il nostro cantiere come una piccola Porziuncola
Sepolcro perchè, quando viviamo alla giornata, senza obiettivi, trascinandoci nella routine quotidiana senza mettere in gioco i nostri talenti, senza apportare il nostro contributo in termini di fantasia o di passione, lentamente stiamo morendo, e per osmosi anche il luogo che ci ospita assume le fattezze di una tomba. Ci sono diversi modi per rendere il luogo di lavoro, che condividiamo con i nostri colleghi, come un Sepolcro, e valgono per tutti i livelli dell’Organigramma: ognuno ha la possibilità di fare diventare un Paradiso quello che, senza cura, inevitabilmente diventa un Inferno.

Francesco d’Assisi ci ha insegnato la Via che è migliore di tutte. La sua tensione ideale trova nella Porziuncola il luogo dove vivere in modo veramente autentico.
Prima di tutto si fa ciò che è necessario, andando incontro a tutti i tipi di povertà e sofferenza. Poi si passa a ciò che è possibile, e infine ci si troverà a realizzare l’Impossibile. Al primo posto viene la Carità e la Fraternità, non l’accumulo di capitali e profitto. E forse anche noi possiamo declinare per il nostro luogo di lavoro la chiamata che ha sconvolto la vita di Francesco: “Va, e ripara la mia casa”

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Questo tesoro dov’è?

Mi capita spesso di perdermi nel mondo delle Idee e di trastullare il mio ego smisurato con masturbazioni mentali.
Noi sognatori e maghetti alla Harry Potter viviamo assieme a chi non percepisce le “vibrazioni” che sentiamo. E con questo non voglio dire che chi non le percepisce sia in qualche modo inferiore a me. Semplicemente ha una sensorialità (e una extra-sensorialità) che si è sviluppata in un modo diverso.

Penso alla vita di tutti i giorni. Alla fatica che più o meno tutti facciamo nel contesto lavorativo. Magari collaboriamo con persone a cui poco interessano i nostri voli pindarici sull’empatia e sulle dinamiche relazionali. In questo mondo dominano i numeri rispetto alle parole: una bella sfida per gli ingegneri civici – che di numeri se ne intendono – è senza dubbio quella di “dimostrare” che un’altra via è possibile, che “prima del profitto viene la fraternità”, come dice Luigino Bruni.
Credo fermamente che chi riuscirà a provare inconfutabilmente questo teorema avrà trovato un tesoro. Se davvero l’avremo scoperto – e penso ci siano i modi per verificarlo – non potremo tenerlo per noi. Dovremo parlare le lingue del mondo, colorare le strade.

Personalmente considero come una sorta di obbligo morale tradurre le idee, le belle parole, in qualcosa di concreto. In modo che possa essere “mangiato” da tutti. Perchè il Vangelo – giusto per fare riferimento a quel Qualcosa che un po’ riassume tutte le “Vibrazioni” di cui parlavo prima – non è solo per un’elite di fortunati; anzi è un messaggio di novità e di speranza che ha come principali destinatari i poveri e gli emarginati. Guai a rimanere estasiati in cima al Monte Tabor, perchè il nostro posto è in mezzo a loro.

Di Maestro in Discepolo

Ancora una volta partiamo da Matrix. Avrete tutti in mente la scena della sessione di formazione di Neo da parte di Morpheus. Se non ve la ricordate eccola qui:

Ci sono tanti esempi di coppie Maestro-Discepolo nella letteratura cinematografica, ma questa mi sembra quella più dannatamente rock.
Tra l’altro mi è particolarmente caro questo film per il dualismo tra ciò che è reale e ciò che non lo è.
Forse un po’ violento, ma si sa che così al botteghino vende di più. Se mettevano delle educande che cantavano i vespri gli incassi non sarebbero stati gli stessi. Ma poi alla fine la violenza, finchè rimane sul grande schermo, è quasi catartica.

Scendiamo sul personale, come mio solito. Penso di averne avuti tanti di maestri: dalla prima insegnante di pianoforte, al maestro di tennis, ai prof della scuola e dell’università, ai vari capi scout che ho incontrato nella mia vita.
Ma se dovessi pensare ad una persona che mi ha veramente insegnato a lavorare – a fare qualcosa di veramente reale – non ho dubbi. Il mio Morpheus si chiama F. M.
Gli dedico questo video di Falco:

Ci sono delle buone notizie per tutti quelli che non hanno la possibilità e la fortuna di incontrare buoni maestri.
Alla fine ne basta uno ed è gratis.

Sulla lettera P

Un mio carissimo amico messicano (Ciao Daymanito!) un giorno mi ha raccontato di come ad un corso di lingua l’insegnante avesse stimolato la classe con questa frase: “Perfect Preparation Prevents from Poor Presentation” (La perfetta preparazione previene una povera presentazione). Da quella volta questa frase è diventata un mantra, nonostante non sia sempre stato in grado di metterla in Pratica.
Recentemente ho avuto modo di notare quante altre parole “curative” hanno la lettera P come iniziale. Se volete posso accompagnarvi in un fugace viaggio tra le parole che iniziano per P.

P come Professionalità. Quante volte ci sbatto la testa contro? Eppure è di fondamentale importanza per qualsiasi lavoro, indistintamente.
P come Prudenza. Un salvavita non da poco quando si è avvezzi ai voli Pindarici come il sottoscritto. Ci sarà un motivo se è annoverata tra le virtù teologali!
P come Pietà. Di solito l’ingegnere convenzionale non conosce questo termine, rimanendo nei confini di una fredda razionalità calcolatrice. L’ingegnere civico dovrebbe praticarla abbondantemente.
P come Provvidenza. Anche in questo caso esploriamo un terreno scivoloso per l’ingegnere medio. Possibili collegamenti e corrispondenze con la Sincronicità alla Jung, come piacerebbe ad un mio amico blogger.
P come Piacere. Anche quello ci vuole e l’ingegnere civico non lo demonizza in alcun modo. Poi dopo essersi sporcati le mani con l’algebra lineare, analisi II, e altre amenità, uno ha il diritto di appagare i propri sensi.
P come Pazienza. Perchè come dicono i Rolling Stones: non si può sempre avere quello che si desidera ma si ottiene sempre quello di cui si ha bisogno.

P come Potenza. Questa è proprio da ingegneri convenzionali!
P come Poesia. I versi ci aiutano a interpretare la realtà quotidiana e a trascenderla. Dedicata a Dante e a tutti gli Stilnovisti di ieri, di oggi e di domani.
P come Pensieri e Parole. Dedicata a Lucio Battisti.

P come Povertà. Una sfida per gli ingegneri civici di questo tempo. Nella speranza che sia sempre più una povertà di Spirito e non una povertà materiale.
Infine P come Preghiera Per la Pace. Dedicata al mondo intero.

Un Mondo, un Paese

Non so voi, ma ultimamente la percezione della ristrettezza dei confini non mi è mai parsa così forte. A parte alcune fortunate e meritevoli eccezioni, ci sono persone che rimangono anche nella stessa regione per un anno intero. A guardare i telegiornali sembra davvero che ci sia un grande fratello che ha molto a cuore che non ci siano delle benefiche contaminazioni tra i popoli, che tutti rimangano rinchiusi a casa con la porta sprangata per evitare che qualche mostro malintenzionato venga a fare razzia di cose e persone.
Mi chiedo se sia sempre stato così. A scuola mi ricordo di aver sentito parlare di grandi viaggiatori, di esploratori. Non voglio dire che adesso non ci siano, ma sembra proprio che navigare al di là del reef sia altamente sconsigliato – strizzo l’occhio a chi ha visto il film Oceania.

Io ho avuto la fortuna di studiare all’estero. A dire il vero a soli 30 km dal confine, a Villach, in Austria. In ogni caso ho potuto respirare un’aria diversa, incontrare persone provenienti da tutti i paesi del mondo; tutti un po’ disorientati come me, in una fase della vita in cui ancora tutto è possibile. Quella stagione, l’estate del 2009, mi ha insegnato che le distanze e le differenze, in tutti i sensi, sono molto relative e vivono molto di più all’interno della nostra mente limitata che nella realtà. E allora facciamo prendere un po’ d’aria ai nostri pensieri. Ho un amico blogger che saprebbe darvi molti buoni consigli in tal senso.

Poi ho la fortuna di vivere in un paese, Aviano, che potrebbe essere considerato un mondo in miniatura. Facile pensare agli americani, ma anche all'”emergenza profughi”, e al mio carissimo omonimo Beato Marco d’Aviano, consigliere dell’Imperatore d’Asburgo e taumaturgo del secolo. Lo definirei un’ottima palestra per l’ingegneria civica. Se si riuscisse a realizzare con successo un “esperimento” ad Aviano questo sarebbe facilmente scalabile a livello mondiale. In questi giorni la campagna elettorale ci ha regalato un antipasto; ci sarà da divertirsi.

Diciamo, con il Gen Rosso e con Guccini, che ci sono dei lavori in corso. Non abbiate paura! Ci vuole pazienza e magari anche la capacità e l’umiltà di mettersi a disposizione per agevolare il cambiamento senza stravolgere quanto di buono c’è già. “Il mondo unito splende qui tra di noi” diceva un’altra canzone. Un pensiero va a Chiara Lubich, che ha donato alla Chiesa il Carisma dell’Unità.
In questo mondo in subbuglio, vedo una prospettiva ed un progetto con un senso, un po’ come se quell’idea di Baden Powell, fondatore dello scoutismo, di lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato, stia diventando una realtà concreta.
E allora davvero riusciremo a passare dai confini agli orizzonti.

Tutto sotto controllo

Matrix andrebbe visto almeno un milione di volte. La visione ripetuta e meditata rivela sempre nuove verità e potrebbe essere equiparata ad un dottorato in filosofia. Non sono un esperto di cinema ma penso che questa saga sia quanto di più vicino alla Divina Commedia la filmografia contemporanea sia riuscita a proporre.
Gli agenti sono attorno a noi. Provate a fare qualcosa di spontaneo; qualcosa che esce un po’ dai binari. Vi ritroverete addosso in men che non si dica la polizia federale e i nazisti dell’Illinois. La cosa delicata è il fatto che quando siamo immersi nella Matrix siamo portati ad accettare il sistema di controllo come se fosse una cosa naturale, una cosa buona. Siamo semplicemente ciechi a quella che è la realtà delle cose. Può capitare che noi stessi, per eccesso di zelo ci troviamo ad agire come degli agenti.

Cosa vuol dire essere controllati? Per me vuol dire essere come i burattini, vuol dire che da qualche parte un Mangiafuoco determina i nostri movimenti. Inevitabilmente siamo pieni di tensione perchè non riusciamo ad esprimere con il nostro corpo un movimento disteso. Sarebbe auspicabile essere liberi da questo condizionamento, con un buon rapporto tra mente e corpo: essere burattini senza fili con una buona volontà – consiglio yoga e nuoto a profusione!

Quale soluzione allora?
Le strade sono due ed è comodo ritornare a Matrix: la pillola rossa o la pillola blu? La pillola blu comporta un’accettazione del sistema di controllo, un accontentarsi, che a lungo andare può essere limitante. E poi c’è la pillola rossa: la strada è ardua, comporta mille difficoltà, strapiombi vertiginosi e pericoli dietro ogni angolo. Poi se tutto va bene si arriva in cima. E da lassù il panorama ripaga di tutta la fatica. Il respiro si fa più disteso, il cuore più aperto e si può letteralmente abbracciare il mondo intero.
Ma non è finita qui! Bisogna scendere in sicurezza.

Neo deve salvare Zion. Non fare superman e sconfiggere l’agente Smith. La sua missione è di salvare ogni singolo uomo e donna di questo pianeta. Chiaro è qui il parallelismo con la figura di Cristo. Anche Cristo ci chiama per salvare ciascuno di noi ogni giorno. Anche lui ci chiede di scegliere una volta per tutte tra la pillola blu e la pillola rossa.
E alla fine arriva un’alba nuova, un nuovo punto di partenza. Un consiglio: se vi svegliate la mattina ad un’ora decente, tipo alle 6.45, provate a gustarvi l’alba. E magari dite grazie a Neo, o a Gesù Cristo.

Epifania, portami via!

Cosa resterà di queste festività? Io penso che non saranno i regali fatti ai bambini o ai grandi, e forse nemmeno i buoni propositi per il nuovo anno. Con tutto il bene che voglio a Mattarella penso che neanche il suo discorso ce lo ricorderemo per molto.
Forse le idee creative del Papa? Forse, ma non è detto.

Se nelle nostre vite non si realizza una vera e propria Epifania allora si potrebbe dire che le Feste non sono servite a niente.
Non per niente l’Epifania è forse la seconda festa più importante nel calendario liturgico.

Per capire il senso dell’Epifania bisogna aprire gli occhi e aprire il cuore. E sapete qual è lo slogan dell’anno pastorale della Parrocchia di San Zenone Aviano? CUORI APERTI! Caspita! Quanto siamo avanti. E poi bisogna rilassarsi. Per questo lo yoga e il nuoto sono un toccasana.
Abbiamo bisogno tutti quanti di un’overdose d’amore. Io stesso ne sono dipendente e spero che la mia scorta non finisca mai.

Cosa aspettarci quindi? Che l’Inter vada in Europa? Che l’Udinese si salvi? Che la Juventus vinca la Champions League? Tutte queste sono cose buone e tutti noi italiani speriamo che si realizzino. Penso che lassù in alto ci sia qualcuno che vuole tutto questo.
Di sicuro ci aspetta l’inizio di un nuovo giorno, dove tutti penseremo in un modo completamente nuovo.
Buon nuovo giorno a tutti/e!