Io esco dalla porta principale

Oggi sono in vena di svolte, di cambiamenti, ho voglia di novità. Sarà un cambiamento importante per me, di sicuro; forse meno per il resto del mondo che magari riuscirà a sopravvivere benissimo anche senza l’ingegneria civica. Mi trovo un po’ come se dovessi pianificare un’arrampicata perigliosa, cercando appigli che mi potranno salvare la vita senza cadere nel vuoto e farmi davvero male.

La prendo un po’ alla larga. Oggi ricorre il terzo anniversario della morte del mio carissimo Padre Italo, cui voglio dedicare l’intero progetto di Ingegneria Civica, nella speranza che, un giorno, un po’ di quello che ho seminato possa attecchire sul Terreno Buono e fare frutto, per il Bene di tutti. Stupito per le coincidenze significative che riscontro con la mia storia personale, vi consiglio di rivedere la scena finale del film “Nel Nome del Padre”, da cui il titolo di questo post.

Da cosa voglio uscire?

Mi riferisco a quello che mi ha detto Don Federico Zanetti (Diocesi di Concordia-Pordenone) quando gli ho chiesto qualche consiglio in merito a quale fosse la modalità migliore per diffondere i contenuti riguardo all’Ingegneria Civica, in cui credevo e tuttora credo molto, considerandoli la mia vera e propria Tesi di Laurea. Federico mi ha consigliato di passare dal “Virtuale” al “Reale”. Capolavoro di sintesi! In quasi un anno di elaborazione di questo messaggio sono arrivato alla ferma conclusione di voler chiudere questo blog: penso che, più che WordPress, Facebook, Twitter e simili il palco giusto per questi contenuti siano i bar, le piazze, i palasport, gli stadi, etc. Voglio prendere spunto dal mio illustre e omonimo concittadino, il Beato Marco d’Aviano, che ha infiammato con la predicazione del Vangelo le Piazze di tutta Europa. Forse è arrivato il momento di passare dall’Europa al Mondo Intero, con il massimo rispetto della “Biodiversità” dei Popoli del Globo, e animati dall’Amore disinteressato che è proprio dei Santi.

Trovare l’Alba dentro l’Imbrunire

Un po’ preoccupato, il mio terapeuta si è sincerato che io leggessi questo desiderio di uscire dalla porta principale come un’Entrata in qualcosa di nuovo. L’ho tranquillizzato… è proprio così! Mi sembra di essere un po’ come Dante che passa dall’Inferno al Purgatorio, o ancora meglio dal Purgatorio al Paradiso; percepisco una discontinuità, un’evoluzione che mi affascina e che mi voglio gustare condividendone i frutti con il popolo delle Beatitudini. Sono consapevole che c’è ancora tanta strada da fare e che la difficoltà più grande sia proprio cogliere il germe di rinascita dentro qualcosa che sembra morire.

Provateci, è alla portata di tutti!

De Familia

Un tema scottante

Sono ben consapevole di quanto sia delicato. Sento già in lontananza tafferugli tra le cosiddette Famiglie Arcobaleno – contro le quali non ho niente da dire pur non condividendone la visione – e il Popolo della Famiglia, dal quale mi trovo equamente distante.
Per me la famiglia non è quella della casa del Mulino Bianco, oppure la famiglia Forrester di Beautiful, o la famiglia reale. No, è qualcosa di molto diverso.
Rompo subito il ghiaccio con un pezzo fantastico dei Cranberries.

Ode to my Family

I love my “Natural” Family. I feel proud to be part of it and to be connected by blood with my relatives in Italy and Australia. My mother’s brothers moved to Australia in the 50s, leaving everything to look for a new life. I’d like to come back to Australia soon to spend some time with my uncle, my aunties and all my cousins.
Mi sento fortemente connesso in senso positivo anche con tutti i parenti dalla parte di mio padre. Non condivido il detto “parenti serpenti”; forse è vero che non ci si può scegliere, come si fa con gli amici, ma penso che quando si riesce a superare i più banali attriti e ricostruire la pace in famiglia, si realizza un piccolo miracolo, che merita un Nobel per la Pace.

Andare oltre il concetto comune di Famiglia

Ma la famiglia non è solo questo. Ci sono tanti altri contesti in cui si può respirare aria di famiglia.
Un articolo della Legge Scout dice che gli Scout sono “amici di tutti e fratelli di ogni altra Guida e Scout”. Eppure anche all’interno della grande famiglia Scout ci sono di quelli che ti stanno proprio sulle scatole, con cui riesci a condividere davvero poco. D’altra parte è vero che con molti di quelli che hanno pronunciato la Promessa sento una connessione tanto forte che quasi supera quella legata al solo “sangue”.
Mi ricordo quando ero Akela, di quanto mi stava a cuore l’obiettivo di ricreare un clima di Famiglia Felice tra lupetti e Vecchi Lupi. Che bello!

Ma nemmeno questo basta a dire tutto quello che c’è da dire.
La famiglia la puoi vivere a scuola, con la tua classe; nel contesto lavorativo, con i tuoi colleghi più o meno simpatici (mai sentito parlare di Economia di Comunione?); nel coro degli Alpini; con gli amici dell’Università; with the Villach People spread all around the World; con i Pipperi; con la Squadra di Pallavolo Misto; con il GIGIU; con lo ULAB; con Pardes; con il 985; con la Costituente della Consulta Giovani; con la Cellina Valley Crew e con tutti i simpaticoni della Nuova Contec; la GiFra; con tutti i “Vendramini”; in qualsiasi Comunità in cui ti capita di condividere qualcosa, e con questo includo tutti quelli che non ho citato.

Qualcuno potrebbe dire che parlo senza avere esperienza di Famiglia nel concreto. Forse è vero, non sono sposato e non ho figli, ma chissà cosa mi riserverà il futuro. Io lascio le porte aperte a quello che verrà.
Di una Famiglia però penso di avere esperienza, e mi riferisco a quello che Qualcuno ha detto:

«Mia madre e i miei fratelli sono quelli che odono la parola di Dio e la mettono in pratica».

Quello che conta davvero

Sono sempre stato ossessionato dalla felicità. Come per tutti, credo, la vita mi ha fatto assaporare momenti di intensa sofferenza e altri di pura estasi.
Questo susseguirsi di emozioni forti può comportare una notevole fatica e una grossa difficoltà a trovare un equilibrio, ma dopo quasi quindici anni di montagne russe sento come di avere cominciato a capire, a conoscere me stesso e quindi proprio quelle montagne russe che per molto tempo mi hanno fatto penare, adesso sono quasi delle colline e non mi fanno più paura.
Cosa è legittimo aspettarsi? Cosa vuol dire essere felici? La felicità è forse la pace dei sensi?
Mi chiedo, assieme a Mario Venuti e Carmen Consoli, se si può davvero essere felici per una vita intera, se è davvero così insopportabile.

Le montagne russe hanno un nome ben preciso, e non mi vergogno a fare outing dicendo di soffrire di disturbo bipolare. Non è qualcosa che mi definisce come persona, è una croce che mi porto dietro da qualche tempo, e che ho imparato ad abbracciare; è stata pesante ma non mi ha condizionato a tal punto da rovinare la mia vita, anzi, forse le ha dato davvero un senso. Eppure non per tutti è così, non tutti hanno avuto l’overdose di fortuna che ho avuto io.
Come canta il Max nazionale si tratta di “casi ciclici”, come la notte insegue il giorno, così la luna si alterna al sole, in tutti i sensi.

La felicità, per come la intendo io, è molto diversa dalla pace dei sensi, dall’assenza di conflitti, dall’eterno riposo. La felicità è affrontare ogni giorno e superare se stessi, vincersi.
La felicità è andare verso gli altri, andare per le strade, inseguire la felicità degli altri per ritrovare la propria. La felicità è essere vivi, dare la vita per un Ideale.
La felicità è giocare alla reciprocità dell’Amore.
Questa è, davvero, perfetta letizia!

Sulla lettera P

Un mio carissimo amico messicano (Ciao Daymanito!) un giorno mi ha raccontato di come ad un corso di lingua l’insegnante avesse stimolato la classe con questa frase: “Perfect Preparation Prevents from Poor Presentation” (La perfetta preparazione previene una povera presentazione). Da quella volta questa frase è diventata un mantra, nonostante non sia sempre stato in grado di metterla in Pratica.
Recentemente ho avuto modo di notare quante altre parole “curative” hanno la lettera P come iniziale. Se volete posso accompagnarvi in un fugace viaggio tra le parole che iniziano per P.

P come Professionalità. Quante volte ci sbatto la testa contro? Eppure è di fondamentale importanza per qualsiasi lavoro, indistintamente.
P come Prudenza. Un salvavita non da poco quando si è avvezzi ai voli Pindarici come il sottoscritto. Ci sarà un motivo se è annoverata tra le virtù teologali!
P come Pietà. Di solito l’ingegnere convenzionale non conosce questo termine, rimanendo nei confini di una fredda razionalità calcolatrice. L’ingegnere civico dovrebbe praticarla abbondantemente.
P come Provvidenza. Anche in questo caso esploriamo un terreno scivoloso per l’ingegnere medio. Possibili collegamenti e corrispondenze con la Sincronicità alla Jung, come piacerebbe ad un mio amico blogger.
P come Piacere. Anche quello ci vuole e l’ingegnere civico non lo demonizza in alcun modo. Poi dopo essersi sporcati le mani con l’algebra lineare, analisi II, e altre amenità, uno ha il diritto di appagare i propri sensi.
P come Pazienza. Perchè come dicono i Rolling Stones: non si può sempre avere quello che si desidera ma si ottiene sempre quello di cui si ha bisogno.

P come Potenza. Questa è proprio da ingegneri convenzionali!
P come Poesia. I versi ci aiutano a interpretare la realtà quotidiana e a trascenderla. Dedicata a Dante e a tutti gli Stilnovisti di ieri, di oggi e di domani.
P come Pensieri e Parole. Dedicata a Lucio Battisti.

P come Povertà. Una sfida per gli ingegneri civici di questo tempo. Nella speranza che sia sempre più una povertà di Spirito e non una povertà materiale.
Infine P come Preghiera Per la Pace. Dedicata al mondo intero.

Osservare, dedurre, agire

Che tempo fa là fuori?
C’è chi continua a procurarsi un’ulcera su Facebook, commentando e controcommentando, fortemente convinto dei suoi parziali punti di vista. C’è chi continua a dire che è meglio concentrarsi sulle proprie cose e strafregarsene di tutto il resto. C’è poi chi dice che non cambierà mai niente perchè c’è troppa corruzione e se vieni coinvolto nel meccanismo ne esci con le ossa rotte. C’è poi chi dorme e non si accorge di niente. Insomma c’è un surplus di conversazione e un difetto di azione.

Dove mi metto io? Io non voglio avere la presunzione di essere migliore di altri, ma da qualche tempo mi sono accorto che là fuori c’è gente che sta male per davvero, e allo stesso tempo chi accumula ricchezze in modo egoistico senza avere attenzione per gli altri. Voglio solo pensare che quelle poche cose che mi hanno insegnato i miei capi scout (che ringrazio di esistere) non siano delle cazzate (e scusate il francesismo).
Non voglio credere che la realtà dei fatti sia immobile, che sia impossibile apportare un cambiamento. Allora tutti i miei cantautori preferiti sarebbero degli illusi, fatemi capire!

No, non credo sia questo il caso. Credo che manchi nel medioman e nella mediowoman la capacità di scouting, che in gergo tecnico vuol dire il sapere mettere in filale attività di osservare, dedurre e agire. Questo penso che sia una problema serio! Tutti abbiamo da imparare, io per primo.
Ragazzi e ragazze, dobbiamo camminare le strade dell’amore come dicono i Rolling Stones, caspita!
Facciamo corsi di scouting for dummies, seminari di osservazione e deduzione finalizzate all’azione; è l’unica via che vedo percorribile. Altro che web marketing, questo servirebbe davvero!

Io un’idea ce l’avrei: mettiamo in comune anche poche risorse che abbiamo, tipo come le offerte che si raccolgono in chiesa alla domenica, e ci inventiamo dei progetti di ingegneria civica, anche microscopici. Poi documentiamo e rendicontiamo tutto quello che abbiamo speso per realizzare il progetto.
A me solo l’idea entusiasma!
Ho bisogno del vostro aiuto per realizzare questo sogno.

Infine, per gli amanti del calcio…

Tutto sotto controllo

Matrix andrebbe visto almeno un milione di volte. La visione ripetuta e meditata rivela sempre nuove verità e potrebbe essere equiparata ad un dottorato in filosofia. Non sono un esperto di cinema ma penso che questa saga sia quanto di più vicino alla Divina Commedia la filmografia contemporanea sia riuscita a proporre.
Gli agenti sono attorno a noi. Provate a fare qualcosa di spontaneo; qualcosa che esce un po’ dai binari. Vi ritroverete addosso in men che non si dica la polizia federale e i nazisti dell’Illinois. La cosa delicata è il fatto che quando siamo immersi nella Matrix siamo portati ad accettare il sistema di controllo come se fosse una cosa naturale, una cosa buona. Siamo semplicemente ciechi a quella che è la realtà delle cose. Può capitare che noi stessi, per eccesso di zelo ci troviamo ad agire come degli agenti.

Cosa vuol dire essere controllati? Per me vuol dire essere come i burattini, vuol dire che da qualche parte un Mangiafuoco determina i nostri movimenti. Inevitabilmente siamo pieni di tensione perchè non riusciamo ad esprimere con il nostro corpo un movimento disteso. Sarebbe auspicabile essere liberi da questo condizionamento, con un buon rapporto tra mente e corpo: essere burattini senza fili con una buona volontà – consiglio yoga e nuoto a profusione!

Quale soluzione allora?
Le strade sono due ed è comodo ritornare a Matrix: la pillola rossa o la pillola blu? La pillola blu comporta un’accettazione del sistema di controllo, un accontentarsi, che a lungo andare può essere limitante. E poi c’è la pillola rossa: la strada è ardua, comporta mille difficoltà, strapiombi vertiginosi e pericoli dietro ogni angolo. Poi se tutto va bene si arriva in cima. E da lassù il panorama ripaga di tutta la fatica. Il respiro si fa più disteso, il cuore più aperto e si può letteralmente abbracciare il mondo intero.
Ma non è finita qui! Bisogna scendere in sicurezza.

Neo deve salvare Zion. Non fare superman e sconfiggere l’agente Smith. La sua missione è di salvare ogni singolo uomo e donna di questo pianeta. Chiaro è qui il parallelismo con la figura di Cristo. Anche Cristo ci chiama per salvare ciascuno di noi ogni giorno. Anche lui ci chiede di scegliere una volta per tutte tra la pillola blu e la pillola rossa.
E alla fine arriva un’alba nuova, un nuovo punto di partenza. Un consiglio: se vi svegliate la mattina ad un’ora decente, tipo alle 6.45, provate a gustarvi l’alba. E magari dite grazie a Neo, o a Gesù Cristo.

Epifania, portami via!

Cosa resterà di queste festività? Io penso che non saranno i regali fatti ai bambini o ai grandi, e forse nemmeno i buoni propositi per il nuovo anno. Con tutto il bene che voglio a Mattarella penso che neanche il suo discorso ce lo ricorderemo per molto.
Forse le idee creative del Papa? Forse, ma non è detto.

Se nelle nostre vite non si realizza una vera e propria Epifania allora si potrebbe dire che le Feste non sono servite a niente.
Non per niente l’Epifania è forse la seconda festa più importante nel calendario liturgico.

Per capire il senso dell’Epifania bisogna aprire gli occhi e aprire il cuore. E sapete qual è lo slogan dell’anno pastorale della Parrocchia di San Zenone Aviano? CUORI APERTI! Caspita! Quanto siamo avanti. E poi bisogna rilassarsi. Per questo lo yoga e il nuoto sono un toccasana.
Abbiamo bisogno tutti quanti di un’overdose d’amore. Io stesso ne sono dipendente e spero che la mia scorta non finisca mai.

Cosa aspettarci quindi? Che l’Inter vada in Europa? Che l’Udinese si salvi? Che la Juventus vinca la Champions League? Tutte queste sono cose buone e tutti noi italiani speriamo che si realizzino. Penso che lassù in alto ci sia qualcuno che vuole tutto questo.
Di sicuro ci aspetta l’inizio di un nuovo giorno, dove tutti penseremo in un modo completamente nuovo.
Buon nuovo giorno a tutti/e!

Inventario fisico o inventario metafisico? Riflessioni semiserie di fine anno

Mentre il 2016 volge al termine in tante aziende ed esercizi commerciali è tempo di inventario; più o meno cartaceo o digitale, più o meno automatico o tradizionale. Insomma c’è gente che conta, e il sottoscritto non è da meno!

Mentre contavo viti, capicorda e valvole di sicurezza sono venute a galla delle considerazioni che ora ho piacere di condividere con voi.
L’inventario fisico è il punto della situazione delle giacenze in un determinato momento. Si cerca un riscontro rispetto a quello che si ha. Uno potrebbe dire che quello che si ha viene assunto a indicatore esplicito di un valore. Ecco, l’inventario metafisico propone una rivoluzione copernicana in questo contesto, arrivando a concepire come in realtà la domanda che dobbiamo porci a cadenza regolare è “chi sono? chi siamo?”. Questo sì che è il vero valore di cui siamo proprietari! Consiglio la lettura di “Essere o avere” di Erich Fromm.

In seconda battuta mi sono accorto che tanti articoli non sono praticamente stati movimentati rispetto all’anno precedente. Inevitabilmente si è formata della polvere che ne ha diminuito la potenzialità in termini di prestazioni. Così anche noi dobbiamo stare attenti a non far depositare troppa polvere sui nostri valori più autentici. Dobbiamo custodirli come se fossero delle pietre preziose. E anche se non vogliamo metterli in bella mostra è bene che ne abbiamo cura e siamo consapevoli di quello che loro stanno a significare per la nostra vita. La movimentazione si traduce nel vivere esperienze significative, che ci arricchiscano. Con un po’ di fantasia tutti possiamo escogitare qualcosa di simpatico e divertente in questo senso.

Infine ci sono gli altri. Non è il numero di amici su Facebook il miglior indicatore di valore per chi vuole cimentarsi con l’inventario metafisico. Un giorno un mio caro amico mi ha dedicato questa citazione:

A single rose can be my garden… a single friend, my world.
Leo Buscaglia

(Il video di Suzanne Vega è la mia dedica a quello stesso amico)
Ci ho messo un po’ a capirla. Vi invito a meditarla e vi auguro per il 2017 di gustarla nel suo significato più pieno.
Buon inventario!

Mercato rionale

Un giretto al mercato

Oggi ad Aviano è giornata di mercato. Bello è camminare per le strade del centro e incrociare le facce più o meno contente di vedermi.

Penso che sarebbe molto bello se si tornasse ad un’idea di mercato di questo tipo. Sì, forse un inguaribile nostalgico. Ed è per altro indiscutibile quanto sia comodo poter acquistare tutto con un click.

Ma la poesia ce la siamo inevitabilmente persa. Più facile è stare seduti sul divano, muovere i propri polpastrelli sull’ipad e accedere a qualsiasi merce.
Ma vuoi mettere il gusto di passeggiare per le bancarelle dei mercanti ambulanti, toccare i vestiti, sentire gli odori, ascoltare le voci della gente. Il mercato paesano o cittadino dovrebbe tornare ad assumere l’importanza che merita nell’urbanistica moderna.

Chiudo questa breve manifestazione di opinione menzionando un grande filosofo ateo (?) del millennio scorso. Nella sua opera più celebrata, “Così parlò Zarathustra”, Friedrich Nietzsche ci racconta in più occasioni del passaggio di Zarathustra attraverso il mercato del paese. Potete leggerlo qui: Prefazione di Zarathustra (Punto 3).

Compito per casa: leggere attentamente il passo citato e magari domani apriamo un dibattito costruttivo.