Le follie dell’imprenditore

The Village
Un paio di mesi fa stavo vivendo un periodo di intensa euforia, e mi sono ritrovato a bere un aperitivo con una mia carissima amica. Le stavo raccontando di come mi sembrava che in quel momento tutto mi girasse incredibilmente bene, fino a che siamo arrivati a parlare di un progetto che avevo in testa. Un po’ visionario e forse poco concreto, come tante delle idee che mi frullano per la testa. Lei mi invita a giocare a “The Village”. Cito dal sito di Dof Consulting:

THE VILLAGE è uno strumento in cui si incontrano una collezione di digital art, un modello di sviluppo delle competenze e la dimensione del gioco. Quindici Figure che ci accompagnano in un viaggio di scoperta, analisi e riflessione all’interno del mondo delle competenze sociali.

Mi accorgo subito che una delle carte che mi rappresentava – perlomeno in quel momento – era quella del folle. Panico. O forse no.
La mia amica mi rassicura che quella è la carta che tutti vorrebbero avere e che se in un’organizzazione assieme al folle vivono in equilibrio anche le altre figure il mix diventa esplosivo, in senso buono.

Settimana Sociale 2017
Dal 26 al 29 Ottobre 2017 si è tenuta a Cagliari la 48esima Settimana Sociale con tema “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale”. Devo dire che mai titolo mi è sembrato più azzeccato. Ieri sera ho partecipato ad un convegno a Pordenone. Due sono le cose che mi hanno colpito: prima di tutto il fatto che non si è parlato molto di creatività e poi l’assenza quasi totale degli under 40 (sì perchè a 40 anni si è ancora giovani, vero?).
Si è parlato di giovani come se si trattasse di un popolo di un altro pianeta. Sinceramente, visto il titolo dell’incontro (lo stesso della Settimana Sociale), mi aspettavo un sold out, invece probabilmente ha vinto la movida del venerdì sera, o il divano. Comunque non giudico nessuno, chi sono io per farlo? Penso che tanti under 40 abbiano fatto o stiano facendo fatica ad incastrarsi in un lavoro che non lascia molto spazio alla creatività, alla follia (quella buona) e alla ricerca della bellezza. Va anche detto però che sicuramente c’è qualcuno che ci sta riuscendo, ma credo che purtroppo si tratti di una minoranza.

Il lavoro e il disagio psichico
Infine vorrei toccare un aspetto che mi sembra non trascurabile. Si tratta del legame, presunto dal sottoscritto, tra l’epidemia di disagio psichico tra i giovani – e io modestamente ne so qualcosa – e la difficoltà antropologica di trovare un lavoro “che ci piace”. Penso che avere successo nel lavoro sia quanto mai fondamentale per un giovane. Non sto di parlando di contratti milionari, ma di alzarsi la mattina contenti di andare a lavorare, di incontrare i propri colleghi e i propri capi, di avere la sensazione di contribuire al Bene Comune.

Io credo fermamente che un compromesso, una soluzione, non solo sia possibile, ma anche alla nostra portata. Alla portata degli uomini del nostro tempo. Si tratta solo di trovare un accordo. Armonia deve essere la parola chiave. Avete bisogno di un diapason? Io ne ho a iosa!

Un’overdose di fraternità

Lo diceva ancora una volta il solito BP. Uno dei punti della legge scout recita:

sono amici di tutti e fratelli di ogni altra guida e scout

Ma cosa vuol dire? Spesso è difficile avere una relazione equilibrata con i propri fratelli e sorelle, ed essere amici di tutti può anche voler dire essere amico di nessuno se non si va più in profondità.
Eppure io credo che l’amicizia vera e l’autentica fraternità esistano, e siano possibili anche laddove umanamente ci mettiamo una pietra sopra e pensiamo che sia irraggiungibile. Penso che sia più facile considerare come amici e fratelli quelle persone che ci fanno sentire bene, perchè questo è quello che ci ricordiamo di loro. Quando qualcuno per qualche motivo ci fa stare male è più difficile recuperare e allora diventa più facile che il rapporto si incrini e degeneri in negativo.

Vorrei provare ad affrontare il tema dell’amicizia e della fraternità nel mondo del lavoro. Di certo non sono il primo a farlo. Vi invito a leggere questa intervista a Luigino Bruni. Giustamente Bruni ricorda che anche Caino e Abele erano fratelli. Penso che siamo chiamati a riconoscerci in qualche modo fratricidi, anche se non arriviamo al punto di uccidere se non forse con le parole; e poi funziona secondo me il chiedere scusa e invocare una forza più grande per aiutarci a perdonarci a vicenda e a riavvicinarci. Il gioco sta tutto qua secondo me. Essere fratelli e amici di tutti non vuol dire che d’ora in poi non ci saranno più conflitti; piuttosto che avremo gli strumenti per risolverli. Il deficit di fraternità negli ambienti di lavoro, con i colleghi, con i clienti, perché no? anche con i concorrenti, è davvero la piaga dei nostri giorni.

Un certo Robin Good ha scritto un libro: “da Brand a Friend”. L’ho acquistato e lo sto leggendo. Mi piace l’idea di creare una relazione di amicizia con i miei clienti, che scambiano la loro amicizia con la qualità dei contenuti che pubblico. Per questo credo in un marketing che non sia asettico, ma che sia in grado di suscitare emozioni negli altri e di costruire relazioni di amicizia e fraternità.
Per dirla ancora una volta con Luigino Bruni:

L’obiettivo non è il profitto ma la fraternità.

E tutto verrà di conseguenza.

 

Mercato rionale

Un giretto al mercato

Oggi ad Aviano è giornata di mercato. Bello è camminare per le strade del centro e incrociare le facce più o meno contente di vedermi.

Penso che sarebbe molto bello se si tornasse ad un’idea di mercato di questo tipo. Sì, forse un inguaribile nostalgico. Ed è per altro indiscutibile quanto sia comodo poter acquistare tutto con un click.

Ma la poesia ce la siamo inevitabilmente persa. Più facile è stare seduti sul divano, muovere i propri polpastrelli sull’ipad e accedere a qualsiasi merce.
Ma vuoi mettere il gusto di passeggiare per le bancarelle dei mercanti ambulanti, toccare i vestiti, sentire gli odori, ascoltare le voci della gente. Il mercato paesano o cittadino dovrebbe tornare ad assumere l’importanza che merita nell’urbanistica moderna.

Chiudo questa breve manifestazione di opinione menzionando un grande filosofo ateo (?) del millennio scorso. Nella sua opera più celebrata, “Così parlò Zarathustra”, Friedrich Nietzsche ci racconta in più occasioni del passaggio di Zarathustra attraverso il mercato del paese. Potete leggerlo qui: Prefazione di Zarathustra (Punto 3).

Compito per casa: leggere attentamente il passo citato e magari domani apriamo un dibattito costruttivo.