Alpinità e Scoutismo ad Aviano: storia di un’Amicizia

Viviamo tempi in cui alcuni rimpiangono la leva obbligatoria, come se fosse la soluzione a tutti i mali dei nostri giovani.

Viviamo tempi in cui giovani motivati a volte rischiano di esaurire le loro energie vitali rincorrendo riunioni e regolamenti al limite del disumano.

Credo che più che di leva obbligatoria e di associazionismo alienato ed alienante sia il caso di parlare di un servizio incentivato, in cui i nostri ragazzi e le nostre ragazze possano fare delle esperienze edificanti, assecondando i loro talenti e le loro inclinazioni

In occasione della festa di San Martino, prototipo del Cavaliere Cortese Cristiano, voglio provare a raccontare la storia dell’amicizia tra gli Scout e gli Alpini di Aviano. Una storia che non ha un lieto fine, perché per fortuna è ancora viva; e non pretende nemmeno di essere esclusiva, perchè sono convinto, o almeno lo spero, che in altri Paesi funzioni più o meno alla stessa maniera. Ve la racconto così come l’ho vissuta.

Prima di tutto mi chiedo se veramente sia giusto parlare di amicizia tra Scout e Alpini ad Aviano: sono convinto di sì, anche se forse non ne siamo tutti pienamente consapevoli. Se non fossimo già amici sarebbe davvero il caso che cominciassimo ad esserlo, per un chiaro reciproco vantaggio: lo Scoutismo e l’Alpinità hanno dei forti valori in comune e delle specificità che ne distinguono le modalità d’azione ma è evidente che la libertà della gioventù di esploratori e guide assieme alla sapienza semplice e umile e allo spirito di servizio delle penne nere rappresenta un patrimonio inestimabile per il nostro Paese se solo fossimo in grado di farli reagire insieme.

La storia di questa amicizia è fatta di Ranci Alpini per gli eventi associativi, come per il San Giorgio del 2016 presso il Colle, prontamente gestito dal gruppo “Chei de la Stua”. Ci sono state altre innumerevoli occasioni di servizio, come il supporto dato da molti genitori alpini alle attività logistiche del Gruppo.

Presso la Chiesetta degli Alpini di Piancavallo, ogni prima domenica di Agosto si celebra una Santa Messa molto partecipata dalle Autorità ma soprattutto da tutti gli amici degli Alpini. Di Aviano e non solo. E sono tanti. 

Penso che sia molto significativo che l’Altare di questa Chiesa sia stato costruito e donato da un gruppo di giovani di Scout, il Clan del Gruppo di Aviano a cavallo della fine del vecchio millennio.

L’altare è stato ricavato dal tronco di un albero recuperato sul greto di un fiume durante un campo estivo e magistralmente lavorato durante la stagione invernale.

Non hanno scelto un’altalena o una casa sull’albero, ma un altare. La scelta è stata sicuramente impegnativa ma molto probabilmente sarebbe meglio parlare di una sorta di investimento sul loro futuro. Si tratta di una di quelle esperienze che raccontare ai propri figli o nipoti avrà un valore importante. 

La musica è un altro aspetto che lega gli alpini e gli scout; si vede che l’aria di montagna fa venire voglia di cantare! E chi lo può dire più di me? La mia chitarra mi ha accompagnato in mille avventure assieme ai mie fratelli e sorelle scout. L’esperienza con il Coro ANA Aviano, di cui orgogliosamente faccio parte, mi sta riempiendo di gioia. Essere scout ed essere alpini è un po’ come essere cavalieri cortesi, un po’ come San Martino: non è impossibile, è solo questione di tempo!

Una Valle Caleidoscopica

La Val Cellina è per me un ambiente fantastico. Una sorta di Narnia, frutto dell’immaginazione di C. S. Lewis, in versione friulana. So di non sapere e per questo non mi voglio vantare di esserne un profondo conoscitore; di sicuro ho in mano tanti pezzi di puzzle, tanti piccoli quadretti che ad una prima impressione possono apparire totalmente privi di relazione. Sono curioso di sapere cosa viene fuori se provo a incastrarli.

La presenza scout in Val Cellina

Si tratta di una storia bella da raccontare. La Base di Bosplans è un punto di riferimento per lo Scoutismo Friulano, come lo è quella di Colico per lo Scoutismo Italiano. Vi rimando al libro pubblicato in occasione dei 25 anni della Base, per attingere alla documentazione storica, che è molto vasta. Personalmente tra l’esperienze più significative che ho vissuto da scout in Valcellina ricordo con grande piacere il Campo di Formazione Metodologica con memorabile ambientazione sul film “I Blues Brothers” e catechesi su “Bruce Almighty – Una settimana da Dio” nel 2006. E poi il Campo di Zona per il Centenario dal primo Campo Scout a Brownsea, nel 2007, ambientato proprio sulle Cronache di Narnia. Qualche ragazzo di quella volta forse si ricorderà di una mia intensa interpretazione del Fauno Tumnus in calzamaglia assieme all’amico Daniele di Fiume Veneto nei panni di un’improbabile Lucy, nel pratone di Pinedo.

Non si può parlare di Val Cellina e scoutismo senza menzionare Ezio Migotto. Ogni scout pordenonese, friulano e forse anche oltre, associa il suo nome alla Base di Andreis e alla sua passione per l’educazione dei ragazzi e delle ragazze attraverso l’applicazione del metodo scout. Personalmente ricordo un momento preciso, un suo inciso pulito ed essenziale: al termine di un Campo ero molto stanco, forse demotivato per non aver trovato la mia dimensione come capo; lui mi ha incitato a non mollare e a distanza di anni lo ringrazio per quelle parole e gli dedico questa Canzone , una delle mie preferite in tutto il repertorio scout.

Prospettive di Sviluppo Sostenibile

La ValCellina non è solo un parco giochi per gli scout! Si tratta di un ecosistema meraviglioso e delicato, con la presenza di opere ingegneristiche che hanno avuto, hanno ancora e avranno in futuro un grande impatto sulla vita dell’uomo e della Natura. Una di queste – la vecchia strada della ValCellina – è stata progettata da un mio antenato, l’Ing. Federico Gabelli. Le dighe di Barcis e Ravedis sono state progettate per fornire acqua potabile ed energia elettrica alla popolazione di valle, oltre a cercare di garantire un’efficace laminazione delle piene.

Mio fratello Giovanni, titolare di Nuova Contec srl, azienda di Montereale Valcellina, ha avuto un’intuizione geniale, che io ho sviluppato: il marchio CellinaValley lega l’azienda al territorio, alla formazione di operatori specializzati nel campo dell’idraulica urbana e della protezione idraulica del territorio. Sarebbe bello se il brand CellinaValley fosse associato a queste tematiche così come quando parlando di Silicon Valley si pensa immediatamente all’hi-tech.

Il Dialogo tra Scienza, Tecnica e tutto ciò che è Umanesimo, va visto come motivo di arricchimento reciproco. Va considerato come un volano che ci aiuterà a “ritornare all’innocenza” di una vita vissuta in equilibrio con la Natura, con gli altri, e per chi crede con Dio.

Il momento della mediazione e della sintesi

Oltre agli scout e agli ingegneri ci sono diverse categorie per cui la Val Cellina rappresenta una sorta di luogo sacro; è evidente che sia necessario un lavoro certosino per individuare un filo conduttore che dia un senso compiuto al puzzle nel suo complesso. Si tratta di un lavoro di mediazione e di creazione di significato che può essere un’occupazione a tempo pieno per molti.

La Poesia di Federico Tavan – originario di Andreis e morto nel 2013 – ci permette di provare a “stare nelle scarpe” degli autoctoni, e rappresenta una preziosa chiave di lettura della vita vissuta nella Valle. Questa voce non è l’unica che ha raccontato la Val Cellina, di sicuro una delle più acute ed autentiche..

Il paradigma dell’Ecologia Integrale così come inteso da Papa Francesco nella Laudato Si risulta essere particolarmente rilevante in questo contesto. Il campo di azione per gli ingegneri civici è praticamente sconfinato!

Photo Credits: Roby Stradella 2021

Buongiorno e Sogni d’Oro!

Forti folate di Spirito Olimpico hanno solcato i cieli del Giappone in questa estate: mai come quest’anno mi sono sentito coinvolto e orgoglioso di essere italiano, grazie alle imprese realizzate a Tokyo da Jacobs, Tamberi e co.

Ricordo quell’abbraccio inimmaginabile tra quelli che prima per me erano dei perfetti sconosciuti e in un battibaleno sono diventati degli eroi nazionali. La loro vita cambiata nel giro di 9 secondi e 80 centesimi; la differenza fatta da un salto di 2 metri e 37 centimetri. E come la loro quella di tanti altri atleti. Le loro storie sono state ampiamente raccontate, quindi sorvolerò su questo aspetto: mi voglio soffermare sul significato dell’Oro Olimpico; non dell’Argento, non del Bronzo, dell’Oro Olimpico!

L’Oro è il metallo che non conosce la corruzione ed è inseguito dagli atleti non tanto per il suo valore economico, quanto per il suo significato, che facilmente si abbina ad una felicità perfetta, una gioia che non conosce tramonto. Penso che l’idea di inseguire il sogno di un Oro Olimpico non abbia niente a che fare con l’egoismo o con l’arrivismo. Una mia amica mi ha detto che secondo i principi del Tao dobbiamo puntare ad annullarci piuttosto che a competere. Questo ragionamento mi sembra giusto fino ad un certo punto: se siamo stati fortunati ad avere ricevuto in dono dei talenti – come quelli della famosa Parabola – siamo chiamati a metterli in gioco. Questo non vuol dire essere esibizionisti o narcisisti ma semplicemente esprime il desiderio di risplendere, proprio come l’Oro.

Ma cosa fare se ci accorgiamo a 40 anni che difficilmente possiamo vincere i 100 metri piani? Niente paura! Ognuno nel nostro piccolo può vincere il suo Oro Olimpico, senza il bisogno di cambiare completamente vita. Prima di tutto bisogna capire che per vincere l’Oro Olimpico bisogna alzarsi dal divano; poi basta conoscere sé stessi e individuare quelli che sono i talenti più vincenti e coltivarli, allenarsi e sognare, superare i propri limiti.

Personalmente ricordo nitidamente un momento in cui ho avuto la percezione di aver vinto un Oro Olimpico: Campo di Reparto 2016 a Studena Bassa per il Gruppo Aviano 1 (vedi immagine in evidenza)! Per molto tempo avevo avuto paura di non farcela, poi ho messo insieme i miei talenti, l’aiuto dei miei amici ed è venuto fuori qualcosa di cui sono ancora orgoglioso.

Alcuni spunti che per me sono stati utili li potete trovare in “Giocare il Gioco” di Sir Robert Baden Powell, o nella “Predica della Perfetta Letizia” di San Francesco: alzarsi dal divano per buttarsi nella mischia e per vincere sé stessi superando i propri limiti. Così potremmo davvero diventare “Cavalieri” con la Medaglia d’Oro al collo!

Tra Olimpiadi, Europei di Calcio ed altri eventi sembra che sia stata proprio un’Estate italiana! Possa questa essere una grande opportunità da cogliere. Spero tanto che potremo accorgerci di quello che potrebbe essere il nostro futuro prossimo e quello di tutta l’umanità; come degli Skipper scafati dovremo essere in grado di sentire il vento ed indirizzare la nostra barca sempre più lontano!

L’augurio è quello di non risvegliarsi dai nostri Sogni d’Oro, ma di realizzarli con lo stesso impegno e dedizione con i quali i nostri campioni ci hanno fatto sentire orgogliosi di essere italiani.

Invarianza idraulica 4 dummies

Giovedì scorso ho avuto il piacere di prendere parte ad un convegno sull’invarianza idraulica a Gorizia, organizzato dall’ordine dei geologi del FVG con il patrocinio della Regione (spero di non aver dimenticato nessuno).
Non sono sicuro di riuscire a trattare il tema dell’invarianza idraulica in modo esaustivo, ma un’idea di fondo ve la potete fare consultando questo sito.
Ci provo lo stesso con parole mie: in un Paese come il nostro, con una vera e propria spada di Damocle sulla testa (il dissesto idrogeologico), il principio dell’invarianza idraulica ci suggerisce che ogni intervento sul territorio deve essere tale da non comprometterne le caratteristiche dal punto di vista del drenaggio. Ad esempio quando si costruisce un nuovo parcheggio bisogna prevedere delle misure (tetti verdi, bacini di invaso, etc.) che scongiurino il drastico aumento della portata di deflusso dalle superfici scolanti dovuto ad esempio all’aumento di superficie asfaltata, e quindi non drenante.
Quello che posso fare è testimoniarvi quanto questo tema sia affascinante e come tanti giovani ingegneri (e non solo) possono a tutti gli effetti innamorarsene, prendendolo come una sorta di vocazione per cui poter spendere una vita.

Da grande voglio fare il modello

No! Avete pensato male, io intendevo il modello idrodinamico. Permettetemi una breve captatio benevolentiae per chi mi ha insegnato qualcosa su questi benedetti modelli: al Professor Matteo Nicolini (UniUD), che è intervenuto al convegno con una presentazione sui principi dell’invarianza idraulica, sono molto grato per avermi introdotto all’uso di EPA SWMM ai tempi della tesi di Master. E non posso dimenticare anche il Prof. Vincenzo Armenio (UniTS), il dream team dell’OGS di Trieste, Rita Ugarelli (UniBO e SINTEF) e Gernot Paulus (CUAS): siete nella mia top ten dei prof più dannatamente cool dell’Universo. Dulcis in fundo una dedica di questo post a Michele Busetto, senza di te probabilmente non sarei mai diventato un ingegnere. Dovevo farlo, chiedo venia.
Stupefacente è la potenza di calcolo che è ora messa a disposizione dei ricercatori nel campo dello studio dell’idraulica e non solo. Ma i modelli non sono videogiochi ed è auspicabile e quanto mai opportuno che chi andrà a utilizzarli sia preparato ad interpretarne l’output in modo corretto. Ciò che davvero conta è la capacità di utilizzare questi strumenti per supportare le decisioni di chi gestisce i sistemi di drenaggio. Decisioni che sono alquanto delicate vista la fragilità di questo nostro mondo.

Un po’ migliore…

E poi direte che sono monotono, e forse avete ragione. Credo sia vero. Penso che l’invarianza idraulica sia estendibile ulteriormente. Non basta mantenere lo status quo; è opportuno migliorare. E mi viene in mente quell’articolo della Legge Scout che dice: “La Guida e lo Scout amano e rispettano la natura”. Sì, possiamo osare! Abbiamo un mondo per le mani che è una meraviglia, possiamo e dobbiamo consegnare ai nostri figli qualcosa di ancora più bello.

Osservare, dedurre, agire

Che tempo fa là fuori?
C’è chi continua a procurarsi un’ulcera su Facebook, commentando e controcommentando, fortemente convinto dei suoi parziali punti di vista. C’è chi continua a dire che è meglio concentrarsi sulle proprie cose e strafregarsene di tutto il resto. C’è poi chi dice che non cambierà mai niente perchè c’è troppa corruzione e se vieni coinvolto nel meccanismo ne esci con le ossa rotte. C’è poi chi dorme e non si accorge di niente. Insomma c’è un surplus di conversazione e un difetto di azione.

Dove mi metto io? Io non voglio avere la presunzione di essere migliore di altri, ma da qualche tempo mi sono accorto che là fuori c’è gente che sta male per davvero, e allo stesso tempo chi accumula ricchezze in modo egoistico senza avere attenzione per gli altri. Voglio solo pensare che quelle poche cose che mi hanno insegnato i miei capi scout (che ringrazio di esistere) non siano delle cazzate (e scusate il francesismo).
Non voglio credere che la realtà dei fatti sia immobile, che sia impossibile apportare un cambiamento. Allora tutti i miei cantautori preferiti sarebbero degli illusi, fatemi capire!

No, non credo sia questo il caso. Credo che manchi nel medioman e nella mediowoman la capacità di scouting, che in gergo tecnico vuol dire il sapere mettere in filale attività di osservare, dedurre e agire. Questo penso che sia una problema serio! Tutti abbiamo da imparare, io per primo.
Ragazzi e ragazze, dobbiamo camminare le strade dell’amore come dicono i Rolling Stones, caspita!
Facciamo corsi di scouting for dummies, seminari di osservazione e deduzione finalizzate all’azione; è l’unica via che vedo percorribile. Altro che web marketing, questo servirebbe davvero!

Io un’idea ce l’avrei: mettiamo in comune anche poche risorse che abbiamo, tipo come le offerte che si raccolgono in chiesa alla domenica, e ci inventiamo dei progetti di ingegneria civica, anche microscopici. Poi documentiamo e rendicontiamo tutto quello che abbiamo speso per realizzare il progetto.
A me solo l’idea entusiasma!
Ho bisogno del vostro aiuto per realizzare questo sogno.

Infine, per gli amanti del calcio…

Ingegner Marco Gabelli

Riflessioni semiserie sul lavoro

Si torna a lavorare e prendo spunto per una semplice riflessione sul lavoro, in particolare sulla sua finalità. Si può lavorare per guadagnare, ovvero mettendo al primo posto l’accumulare denaro; oppure per sbarcare il lunario, magari dovendo mantenere una famiglia. Infine il lavoro può essere inteso come realizzazione di sè stessi mentre si soddisfano i bisogni di qualcuno.

I progetti di ingegneria civica partono semmpre da una richiesta reale che emerge da una persona. Compito dell’ingegnere civico è quello di rendere possibile soddisfare questa richiesta. Ovviamente non tutte le richieste sono adatte ad un progetto di ingegneria civica. Il sistema più semplice ed efficace per valutare l’adeguatezza di una richiesta consiste nel chiedersi se la richiesta è compatibile con la legge scout.

Gli articoli della legge che sono più calzanti in merito al lavoro sono:

  • si rendono utili e aiutano gli altri, e questa ha a che fare con la finalità prima di qualsiasi progetto;
  • sorridono e cantano anche nelle difficoltà, perchè il buonumore è importante mentre si lavora;
  • pongono il loro onore nel meritare fiducia, perchè il lavoro non è uno scherzo
  • sono laboriosi ed economi, perchè c’è tanto da fare, come dice Giorgia
  • amano e rispettano la natura, perchè qualsiasi progetto deve avere un impatto positivo sull’ambiente

Per essere concreto riporto un esempio di un semplice progetto di ingegneria civica che ho realizzato insieme al mio reparto durante il campo estivo di quest’anno a Studena Bassa.
Un giorno si è presentato al campo un simpaticissimo signore che aveva un campo già falciato e aveva bisogno di qualcuno che rastrellasse il fieno. Visto che noi eravamo una quindicina di ragazzi e ragazze di buona volontà, e visto che ormai lui e sua moglie non avevano più l’età per fare sforzi, ci chiedeva se potevamo fargli questo servizio, e che ci avrebbe fornito tutti gli strumenti necessari e ricompensati con un rancio alpino – era l’ex capo gruppo degli alpini di Moggio Udinese.
Al momento in cui abbiamo proposto l’attività ai ragazzi abbiamo trovato solo musi lunghi; poi, complice la bellissima giornata e della simpatia del signor Bruno, il buonumore si è rimpossessato di noi e in poco tempo siamo riusciti a soddisfare la richiesta,
E oltre al rancio è arrivato anche un bicchierino di fragolino per tutti!
Poi abbiamo scoperto che Bruno conosceva gli alpini di Aviano, e poi gli ho raccontato che io canto nel coro ANA di Aviano. Sembrava che ci conoscessimo da una vita.

Questo vale anche per dire che un progetto di ingegneria civica non deve per forza essere qualcosa di mastodontico. L’importante è l’applicazione del paradigma, che poi non è nemmeno tanto complicato.