Io esco dalla porta principale

Oggi sono in vena di svolte, di cambiamenti, ho voglia di novità. Sarà un cambiamento importante per me, di sicuro; forse meno per il resto del mondo che magari riuscirà a sopravvivere benissimo anche senza l’ingegneria civica. Mi trovo un po’ come se dovessi pianificare un’arrampicata perigliosa, cercando appigli che mi potranno salvare la vita senza cadere nel vuoto e farmi davvero male.

La prendo un po’ alla larga. Oggi ricorre il terzo anniversario della morte del mio carissimo Padre Italo, cui voglio dedicare l’intero progetto di Ingegneria Civica, nella speranza che, un giorno, un po’ di quello che ho seminato possa attecchire sul Terreno Buono e fare frutto, per il Bene di tutti. Stupito per le coincidenze significative che riscontro con la mia storia personale, vi consiglio di rivedere la scena finale del film “Nel Nome del Padre”, da cui il titolo di questo post.

Da cosa voglio uscire?

Mi riferisco a quello che mi ha detto Don Federico Zanetti (Diocesi di Concordia-Pordenone) quando gli ho chiesto qualche consiglio in merito a quale fosse la modalità migliore per diffondere i contenuti riguardo all’Ingegneria Civica, in cui credevo e tuttora credo molto, considerandoli la mia vera e propria Tesi di Laurea. Federico mi ha consigliato di passare dal “Virtuale” al “Reale”. Capolavoro di sintesi! In quasi un anno di elaborazione di questo messaggio sono arrivato alla ferma conclusione di voler chiudere questo blog: penso che, più che WordPress, Facebook, Twitter e simili il palco giusto per questi contenuti siano i bar, le piazze, i palasport, gli stadi, etc. Voglio prendere spunto dal mio illustre e omonimo concittadino, il Beato Marco d’Aviano, che ha infiammato con la predicazione del Vangelo le Piazze di tutta Europa. Forse è arrivato il momento di passare dall’Europa al Mondo Intero, con il massimo rispetto della “Biodiversità” dei Popoli del Globo, e animati dall’Amore disinteressato che è proprio dei Santi.

Trovare l’Alba dentro l’Imbrunire

Un po’ preoccupato, il mio terapeuta si è sincerato che io leggessi questo desiderio di uscire dalla porta principale come un’Entrata in qualcosa di nuovo. L’ho tranquillizzato… è proprio così! Mi sembra di essere un po’ come Dante che passa dall’Inferno al Purgatorio, o ancora meglio dal Purgatorio al Paradiso; percepisco una discontinuità, un’evoluzione che mi affascina e che mi voglio gustare condividendone i frutti con il popolo delle Beatitudini. Sono consapevole che c’è ancora tanta strada da fare e che la difficoltà più grande sia proprio cogliere il germe di rinascita dentro qualcosa che sembra morire.

Provateci, è alla portata di tutti!

Buongiorno e Sogni d’Oro!

Forti folate di Spirito Olimpico hanno solcato i cieli del Giappone in questa estate: mai come quest’anno mi sono sentito coinvolto e orgoglioso di essere italiano, grazie alle imprese realizzate a Tokyo da Jacobs, Tamberi e co.

Ricordo quell’abbraccio inimmaginabile tra quelli che prima per me erano dei perfetti sconosciuti e in un battibaleno sono diventati degli eroi nazionali. La loro vita cambiata nel giro di 9 secondi e 80 centesimi; la differenza fatta da un salto di 2 metri e 37 centimetri. E come la loro quella di tanti altri atleti. Le loro storie sono state ampiamente raccontate, quindi sorvolerò su questo aspetto: mi voglio soffermare sul significato dell’Oro Olimpico; non dell’Argento, non del Bronzo, dell’Oro Olimpico!

L’Oro è il metallo che non conosce la corruzione ed è inseguito dagli atleti non tanto per il suo valore economico, quanto per il suo significato, che facilmente si abbina ad una felicità perfetta, una gioia che non conosce tramonto. Penso che l’idea di inseguire il sogno di un Oro Olimpico non abbia niente a che fare con l’egoismo o con l’arrivismo. Una mia amica mi ha detto che secondo i principi del Tao dobbiamo puntare ad annullarci piuttosto che a competere. Questo ragionamento mi sembra giusto fino ad un certo punto: se siamo stati fortunati ad avere ricevuto in dono dei talenti – come quelli della famosa Parabola – siamo chiamati a metterli in gioco. Questo non vuol dire essere esibizionisti o narcisisti ma semplicemente esprime il desiderio di risplendere, proprio come l’Oro.

Ma cosa fare se ci accorgiamo a 40 anni che difficilmente possiamo vincere i 100 metri piani? Niente paura! Ognuno nel nostro piccolo può vincere il suo Oro Olimpico, senza il bisogno di cambiare completamente vita. Prima di tutto bisogna capire che per vincere l’Oro Olimpico bisogna alzarsi dal divano; poi basta conoscere sé stessi e individuare quelli che sono i talenti più vincenti e coltivarli, allenarsi e sognare, superare i propri limiti.

Personalmente ricordo nitidamente un momento in cui ho avuto la percezione di aver vinto un Oro Olimpico: Campo di Reparto 2016 a Studena Bassa per il Gruppo Aviano 1 (vedi immagine in evidenza)! Per molto tempo avevo avuto paura di non farcela, poi ho messo insieme i miei talenti, l’aiuto dei miei amici ed è venuto fuori qualcosa di cui sono ancora orgoglioso.

Alcuni spunti che per me sono stati utili li potete trovare in “Giocare il Gioco” di Sir Robert Baden Powell, o nella “Predica della Perfetta Letizia” di San Francesco: alzarsi dal divano per buttarsi nella mischia e per vincere sé stessi superando i propri limiti. Così potremmo davvero diventare “Cavalieri” con la Medaglia d’Oro al collo!

Tra Olimpiadi, Europei di Calcio ed altri eventi sembra che sia stata proprio un’Estate italiana! Possa questa essere una grande opportunità da cogliere. Spero tanto che potremo accorgerci di quello che potrebbe essere il nostro futuro prossimo e quello di tutta l’umanità; come degli Skipper scafati dovremo essere in grado di sentire il vento ed indirizzare la nostra barca sempre più lontano!

L’augurio è quello di non risvegliarsi dai nostri Sogni d’Oro, ma di realizzarli con lo stesso impegno e dedizione con i quali i nostri campioni ci hanno fatto sentire orgogliosi di essere italiani.

Pensieri in Bianco e Nero: aspirando ad un Carisma più alto

Prendo spunto da una non-notizia per alcune riflessioni a ruota libera. La mia squadra del cuore, la Juventus, ha vinto il nono scudetto consecutivo. Che pizza! Difficilmente ricordo un successo bianconero tanto poco degno di essere celebrato: la società ha intimato ai tifosi di non fare caroselli, ma personalmente penso che questo avvertimento quasi quasi non fosse necessario. Voglio cercare di capire le cause di tutto questo, di come siamo passati dall’addio di Alessandro Del Piero, a Juventus-Sampdoria 2 a 0, la partita meno emozionante nella storia del calcio.

E poi non ditemi che parlare di calcio è un cianciare di vanità: No, scusatemi! Il calcio ha in sè qualcosa di epico, qualcosa che trascende, qualcosa che, come la musica e il cinema, può trasfigurare la nostra vita. A tutti gli effetti è una quasi-religione: come in ogni religione ci sono i profeti, gli evangelisti, i sacerdoti ispirati, e dall’altra parte i farisei, i sadducei, gli scribi e via discorrendo.

Ci sono i “dilettanti”, quelli dalla fede più autentica, e i professionisti del pallone. Anche io nel mio piccolo sono un professionista e non voglio demonizzare la professione, Dio me ne scampi e liberi! Ma ogni professionista che vuole portare a termine la sua missione deve evitare di vendere la sua anima. Perchè una volta che l’hai venduta l’anima non la puoi ricomprare. C’è bisogno di “eroi professionali” con un’anima!

E se vendi lo stadio ad una compagnia assicurativa e indossi la maglia bianconera con il rispettivo logo, come puoi pensare che gli dei del pallone, oltre a farti vincere, ti facciano risultare simpatico alla gente? Meglio sarebbe giocare con il logo della Caritas o del Movimento Cattolico Globale per il Clima, o qualsiasi altra cosa! Su una cosa non sono del tutto d’accordo con Boniperti: la Juve è la Juve, non basta vincere e non si può sorvolare sullo Stile da Vecchia Signora, se non ci si vuole prostituire!

Chiudo con alcuni riferimenti personali. Sorvolerò su quella volta che sono andato in Curia a Pordenone con la maglia bianconera e sono stato ricevuto dal Vescovo e dal Vicario emeriti che mi hanno detto con un sorriso a 32 denti che “Qui siamo tutti Juventini”; a partire dal primo anno di Liceo l’incontro con il mio Virgilio personale, rigorosamente bianconero, mi ha plasmato l’esistenza, ma su questo ci vorrebbe un altro post. Anche a me sarebbe piaciuto giocare a calcio, in una squadra, magari nella Polisportiva Maddalena, assieme alla Leva Calcistica dell’82; magari non sarei diventato come Pinturicchio, ma è una coincidenza significativa che la Parrocchia da cui è nata quella squadra, la Parrocchia di Villotta di Aviano, è legata indissolubilmente alla figura di Padre Marco, e che la festa del 13 Agosto è proprio nel periodo in cui a Lisbona si gioca qualcosa di importante.

Chiudo con un pensiero positivo: il materiale umano della Juventus di oggi non è da buttare! Con qualche accorgimento di comunicazione si possono fare grandi cose. Davvero spero che il Carisma non sia “sporcato” e che i bambini di oggi si possano tornare ad innamorare dei nostri colori. Sarebbe bello che finalmente della nostra gioia possano godere anche quelli che supportano altre squadre, senza odi campanilistici fuori dal tempo. E magari un giorno festeggiare insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà a melone e porto!

Utopia fatta in casa

Davvero non riesco a sopportare il modo di dire secondo cui parlare di “Pace nel Mondo” sia equivalente a discutere del sesso degli angeli. Quando sento che qualcuno usa questa espressione mi infervoro, mi arrabbio e si scatenano delle reazioni biochimiche dentro di me che non mi fanno stare bene. Secondo il mio modesto parere, in questo particolare periodo storico, è quanto mai urgente parlarne, per comprendere quello che è successo nel passato, quello che sta succedendo nel presente e quello che potrebbe succedere nel futuro. Ho come la vaga impressione che ci sia qualcuno che abbia più a cuore che si parli di moda, di talent show e altre amenità piuttosto che la gente comune diventi consapevole di dinamiche sociali perverse e possa in qualche modo introdurre delle “anomalie” nel sistema.

Anche qui voglio fare riferimento alla Costituzione più bella del mondo, che all’Articolo 11 dichiara:

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Quante volte consideriamo queste solo come delle belle parole. Dovremmo tatuarcele sulla pelle, caspita! Siamo abituati a considerare la Pace come “assenza di guerra”, ma per la vera realizzazione della persona umana (quella di ognuno di noi) dobbiamo passare all’azione. Non basta essere non violenti in senso passivo, ma sarebbe bello se tutti, nel nostro piccolo, promuovessimo e favorissimo iniziative di pacificazione a tutti i livelli
La Costituzione è solo un esempio, ma in diversi contesti esistono “regole” che, se prese davvero sul serio, trasformerebbero il nostro mondo in un Paradiso in terra. Tra quelle che conosco meglio ricordo la Legge scout ad esempio, alle regole monastiche e alla universalissima Regola d’Oro

“Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”:
.
Di sicuro ogni uomo e donna di buona volontà potrà fare riferimento ad una “Regola” a suo piacimento.
Non c’è niente da inventare, la Pace non è qualcosa di complesso. Fare riferimento a grandi figure del passato può essere d’aiuto. Possiamo provare a pensare a questi uomini e donne non come a dei Supereroi, ma come gente che ha avuto la fortuna di ricevere una Chiamata, ha saputo vincere sè stessa e ha avuto il coraggio di andare fino in fondo. Si tratta di modelli che andrebbero studiati forse un po’ di più nelle aule di scuola. La Chiamata è rivolta anche a noi, ma spesso siamo occupati a pensare ad altro e non ascoltiamo nemmeno i messaggi della Segreteria.
I miei Fab4 sono, in ordine sparso: Chiara Lubich, Lord Robert Baden Powell, Padre Marco d’Aviano, San Francesco d’Assisi. Li ho scelti tra tanti perchè sono stati tra i grandi del passato che hanno avuto l’impatto più importanti sul mio percorso. Ognuno può scegliere i suoi e le sue. Sarebbe bello che i bambini raccogliessero le figurine di questi personaggi, ma forse è un’utopia. E magari insieme a questi uomini giusti anche noi potremo un giorno formare tante costellazioni.

La Pace è qualcosa di semplice, ma richiede dei requisiti imprescindibili. Non possiamo costruire pace se siamo in contraddizione con noi stessi. Quando ci sono dei conflitti interiori o delle situazioni non risolte con le persone più prossime a noi ogni nostro discorso sulla pace è un’illusione, prima di tutto per noi stessi
La Pace è qualcosa che si può (e forse si deve) fare in casa!

arcobaleno-cro

Questo tesoro dov’è?

Mi capita spesso di perdermi nel mondo delle Idee e di trastullare il mio ego smisurato con masturbazioni mentali.
Noi sognatori e maghetti alla Harry Potter viviamo assieme a chi non percepisce le “vibrazioni” che sentiamo. E con questo non voglio dire che chi non le percepisce sia in qualche modo inferiore a me. Semplicemente ha una sensorialità (e una extra-sensorialità) che si è sviluppata in un modo diverso.

Penso alla vita di tutti i giorni. Alla fatica che più o meno tutti facciamo nel contesto lavorativo. Magari collaboriamo con persone a cui poco interessano i nostri voli pindarici sull’empatia e sulle dinamiche relazionali. In questo mondo dominano i numeri rispetto alle parole: una bella sfida per gli ingegneri civici – che di numeri se ne intendono – è senza dubbio quella di “dimostrare” che un’altra via è possibile, che “prima del profitto viene la fraternità”, come dice Luigino Bruni.
Credo fermamente che chi riuscirà a provare inconfutabilmente questo teorema avrà trovato un tesoro. Se davvero l’avremo scoperto – e penso ci siano i modi per verificarlo – non potremo tenerlo per noi. Dovremo parlare le lingue del mondo, colorare le strade.

Personalmente considero come una sorta di obbligo morale tradurre le idee, le belle parole, in qualcosa di concreto. In modo che possa essere “mangiato” da tutti. Perchè il Vangelo – giusto per fare riferimento a quel Qualcosa che un po’ riassume tutte le “Vibrazioni” di cui parlavo prima – non è solo per un’elite di fortunati; anzi è un messaggio di novità e di speranza che ha come principali destinatari i poveri e gli emarginati. Guai a rimanere estasiati in cima al Monte Tabor, perchè il nostro posto è in mezzo a loro.

Le follie dell’imprenditore

The Village
Un paio di mesi fa stavo vivendo un periodo di intensa euforia, e mi sono ritrovato a bere un aperitivo con una mia carissima amica. Le stavo raccontando di come mi sembrava che in quel momento tutto mi girasse incredibilmente bene, fino a che siamo arrivati a parlare di un progetto che avevo in testa. Un po’ visionario e forse poco concreto, come tante delle idee che mi frullano per la testa. Lei mi invita a giocare a “The Village”. Cito dal sito di Dof Consulting:

THE VILLAGE è uno strumento in cui si incontrano una collezione di digital art, un modello di sviluppo delle competenze e la dimensione del gioco. Quindici Figure che ci accompagnano in un viaggio di scoperta, analisi e riflessione all’interno del mondo delle competenze sociali.

Mi accorgo subito che una delle carte che mi rappresentava – perlomeno in quel momento – era quella del folle. Panico. O forse no.
La mia amica mi rassicura che quella è la carta che tutti vorrebbero avere e che se in un’organizzazione assieme al folle vivono in equilibrio anche le altre figure il mix diventa esplosivo, in senso buono.

Settimana Sociale 2017
Dal 26 al 29 Ottobre 2017 si è tenuta a Cagliari la 48esima Settimana Sociale con tema “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale”. Devo dire che mai titolo mi è sembrato più azzeccato. Ieri sera ho partecipato ad un convegno a Pordenone. Due sono le cose che mi hanno colpito: prima di tutto il fatto che non si è parlato molto di creatività e poi l’assenza quasi totale degli under 40 (sì perchè a 40 anni si è ancora giovani, vero?).
Si è parlato di giovani come se si trattasse di un popolo di un altro pianeta. Sinceramente, visto il titolo dell’incontro (lo stesso della Settimana Sociale), mi aspettavo un sold out, invece probabilmente ha vinto la movida del venerdì sera, o il divano. Comunque non giudico nessuno, chi sono io per farlo? Penso che tanti under 40 abbiano fatto o stiano facendo fatica ad incastrarsi in un lavoro che non lascia molto spazio alla creatività, alla follia (quella buona) e alla ricerca della bellezza. Va anche detto però che sicuramente c’è qualcuno che ci sta riuscendo, ma credo che purtroppo si tratti di una minoranza.

Il lavoro e il disagio psichico
Infine vorrei toccare un aspetto che mi sembra non trascurabile. Si tratta del legame, presunto dal sottoscritto, tra l’epidemia di disagio psichico tra i giovani – e io modestamente ne so qualcosa – e la difficoltà antropologica di trovare un lavoro “che ci piace”. Penso che avere successo nel lavoro sia quanto mai fondamentale per un giovane. Non sto di parlando di contratti milionari, ma di alzarsi la mattina contenti di andare a lavorare, di incontrare i propri colleghi e i propri capi, di avere la sensazione di contribuire al Bene Comune.

Io credo fermamente che un compromesso, una soluzione, non solo sia possibile, ma anche alla nostra portata. Alla portata degli uomini del nostro tempo. Si tratta solo di trovare un accordo. Armonia deve essere la parola chiave. Avete bisogno di un diapason? Io ne ho a iosa!

Un Mondo, un Paese

Non so voi, ma ultimamente la percezione della ristrettezza dei confini non mi è mai parsa così forte. A parte alcune fortunate e meritevoli eccezioni, ci sono persone che rimangono anche nella stessa regione per un anno intero. A guardare i telegiornali sembra davvero che ci sia un grande fratello che ha molto a cuore che non ci siano delle benefiche contaminazioni tra i popoli, che tutti rimangano rinchiusi a casa con la porta sprangata per evitare che qualche mostro malintenzionato venga a fare razzia di cose e persone.
Mi chiedo se sia sempre stato così. A scuola mi ricordo di aver sentito parlare di grandi viaggiatori, di esploratori. Non voglio dire che adesso non ci siano, ma sembra proprio che navigare al di là del reef sia altamente sconsigliato – strizzo l’occhio a chi ha visto il film Oceania.

Io ho avuto la fortuna di studiare all’estero. A dire il vero a soli 30 km dal confine, a Villach, in Austria. In ogni caso ho potuto respirare un’aria diversa, incontrare persone provenienti da tutti i paesi del mondo; tutti un po’ disorientati come me, in una fase della vita in cui ancora tutto è possibile. Quella stagione, l’estate del 2009, mi ha insegnato che le distanze e le differenze, in tutti i sensi, sono molto relative e vivono molto di più all’interno della nostra mente limitata che nella realtà. E allora facciamo prendere un po’ d’aria ai nostri pensieri. Ho un amico blogger che saprebbe darvi molti buoni consigli in tal senso.

Poi ho la fortuna di vivere in un paese, Aviano, che potrebbe essere considerato un mondo in miniatura. Facile pensare agli americani, ma anche all'”emergenza profughi”, e al mio carissimo omonimo Beato Marco d’Aviano, consigliere dell’Imperatore d’Asburgo e taumaturgo del secolo. Lo definirei un’ottima palestra per l’ingegneria civica. Se si riuscisse a realizzare con successo un “esperimento” ad Aviano questo sarebbe facilmente scalabile a livello mondiale. In questi giorni la campagna elettorale ci ha regalato un antipasto; ci sarà da divertirsi.

Diciamo, con il Gen Rosso e con Guccini, che ci sono dei lavori in corso. Non abbiate paura! Ci vuole pazienza e magari anche la capacità e l’umiltà di mettersi a disposizione per agevolare il cambiamento senza stravolgere quanto di buono c’è già. “Il mondo unito splende qui tra di noi” diceva un’altra canzone. Un pensiero va a Chiara Lubich, che ha donato alla Chiesa il Carisma dell’Unità.
In questo mondo in subbuglio, vedo una prospettiva ed un progetto con un senso, un po’ come se quell’idea di Baden Powell, fondatore dello scoutismo, di lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato, stia diventando una realtà concreta.
E allora davvero riusciremo a passare dai confini agli orizzonti.

Quest’anno mi butto

Prima di tutto mi preme di rassicurare gli amici di “Politica Avianese”: la politica e il mio Paese mi stanno molto a cuore, ma non penso proprio di essere tagliato per il ruolo di sindaco. Più che altro perchè non mi piace portare la cravatta e la fascia tricolore non è che sia un accessorio molto alla moda. Di sicuro ci sono figure molto più qualificate e meno stravaganti rispetto al sottoscritto che possono mettere la loro faccia. Io al massimo posso buttare lì qualche idea e scrivere delle canzoncine simpatiche, per vari target di audience.

Detto questo è giunto il momento di spiegare cosa vuol dire che quest’anno mi butto. Vuol dire essenzialmente che sento di avere un’età in cui devo prendere in mano il mio futuro e dare la forma che voglio alla mia vita. Poi ci sono decisioni interessanti da prendere, principalmente la gestione dell’autonomia abitativa, così non sarò più parte della categoria dei bamboccioni.
Interessante è constatare come basti poco per passare dalla passività e dalla carenza di autostima, ad una più marcata assertività. Ancora una volta torna l’assertività: dobbiamo veramente allenarci tutti i quanti nell’esercizio di questa che chiamerei quasi una virtù. Davvero si possono ottenere risultati eccezionali.

E se poi mi butto e faccio la fine di Jack Black nella scena iniziale di School of Rock? Sarebbe una tragedia? Forse no. Ma preferisco prendere le mie precauzioni. Per questo sto cercando di stabilire connessioni, relazioni significative, tali per cui se decidessi di buttarmi da un palco, probabilmente troverei mani che mi sosterrebbero per fare un’eccezionale body surfing. Il fallimento non è una tragedia. Ma dopo tanti fallimenti bisogna imparare da quello che ci succede, e io personalmente di piccoli fallimenti sono un esperto.

E poi… se non ora, quando? Chi, se non noi? Queste domande dovremmo porcele tutti!
E tornando al tema dell’apertura del post voglio ricordare a tutti che quest’anno ad Aviano ci sono le elezioni, che si decide del nostro futuro. Non lasciamo che siano gli altri a decidere per noi! Partecipiamo! Sporchiamoci le mani! Lottiamo tutti insieme per il bene comune!

Epifania, portami via!

Cosa resterà di queste festività? Io penso che non saranno i regali fatti ai bambini o ai grandi, e forse nemmeno i buoni propositi per il nuovo anno. Con tutto il bene che voglio a Mattarella penso che neanche il suo discorso ce lo ricorderemo per molto.
Forse le idee creative del Papa? Forse, ma non è detto.

Se nelle nostre vite non si realizza una vera e propria Epifania allora si potrebbe dire che le Feste non sono servite a niente.
Non per niente l’Epifania è forse la seconda festa più importante nel calendario liturgico.

Per capire il senso dell’Epifania bisogna aprire gli occhi e aprire il cuore. E sapete qual è lo slogan dell’anno pastorale della Parrocchia di San Zenone Aviano? CUORI APERTI! Caspita! Quanto siamo avanti. E poi bisogna rilassarsi. Per questo lo yoga e il nuoto sono un toccasana.
Abbiamo bisogno tutti quanti di un’overdose d’amore. Io stesso ne sono dipendente e spero che la mia scorta non finisca mai.

Cosa aspettarci quindi? Che l’Inter vada in Europa? Che l’Udinese si salvi? Che la Juventus vinca la Champions League? Tutte queste sono cose buone e tutti noi italiani speriamo che si realizzino. Penso che lassù in alto ci sia qualcuno che vuole tutto questo.
Di sicuro ci aspetta l’inizio di un nuovo giorno, dove tutti penseremo in un modo completamente nuovo.
Buon nuovo giorno a tutti/e!

rifugio calvi

Ricette anticrisi

Per millenni siamo stati costretti a convivere con le crisi. Ci sono diversi tipi di crisi: le crisi di sistema, la crisi economica, la crisi militare… potrei andare avanti. Ma quello di cui oggi voglio parlare è la crisi che viviamo dentro di noi. Nessuno ne è esente! Essere veramente felici è diverso dal vivere spensierati. Per raggiungere una felicità piena dobbiamo smussare i nostri angoli, lavorare su noi stessi per tirare fuori l’Uomo e la Donna nuovi, che ad un certo punto della nostra vita emergono dalla pietra come i Prigioni di Michelangelo. Vivere e ricercare la felicità è un po’ come il lavoro di uno scultore.

La via che porta la felicità non è un’autostrada, ma un sentiero di montagna. Non è per tutti! Penso che gran parte degli uomini e delle donne di tutti i tempi abbiano vissuto la loro vita senza raggiungere la felicità. Eppure questa è forse davvero l’unica cosa che conta, forse anche più di “vincere”, per citare un libro famoso. Ci facciamo influenzare dagli altri e subiamo quello che ci dicono, rimanendo intrappolati in questa giostra senza senso, la routine, un meccanismo che non riusciamo a rompere. Non abbiamo tempo da perdere. Il consiglio che mi sento di dare a tutti è di fermarsi, spegnere il rumore del mondo attorno a sè, e decidere di voler essere felici. Non dico a tutti i costi, ma con determinazione.

Viviamo questo nuovo obiettivo come un gioco; non dobbiamo pensare che ci siano vincitori e vinti. Un vecchio saggio diceva che la via più semplice per essere felici è cercare di rendere felici gli altri. Il momento di prendere sul serio questa frase è arrivato. Proviamo a cogliere l’attimo. Penso che questo non significhi abbandonare o rinnegare la propria vita, quanto piuttosto di dare un senso profondo a quello che stiamo facendo, che altrimenti risulterebbe sconnesso e vuoto di significato.

Viviamo in uno stato di crisi “sistemica”; ma nell’etere percepisco delle vibrazioni positive. Rimaniamo vigili, per accorgerci di quella Parlata Nuova che si sente dalle radio che sono veramente libere. In ogni caso prima di abbattersi per la crisi del sistema affrontiamo la nostra crisi individuale; è questa la priorità per ognuno di noi. Poi quasi in automatico il sistema si aggiusterà da solo.

Abbiamo tutti gli strumenti che servono per affrontare le nostre crisi, e non siamo mai soli e abbandonati. Cerchiamo di approfittare in senso buono degli aiuti che ci possono giungere dagli altri e da Dio per chi crede. Serve solo un po’ di strategia e di concentrazione, perchè tutto questo non è facile. Ancora una volta ritorna il concetto di sincronicità: l’universo è regolato da questo principio, cui nessuno può sottrarsi se vuole essere davvero parte del Tutto. Allora come in una danza tutti i nostri movimenti saranno ben scanditi e armonici.

Lo scopo dell’ingegneria civica è quello di creare una mappa che funga da guida per chi si avventura lungo quel sentiero di montagna di cui parlavo prima, e di insegnare a tutti gli uomini e le donne del nostro tempo a leggerla. Ci vediamo su in rifugio per bere una grappetta. La felicità è possibile. Per tutti.