alba sul garda bresciano

Essere ingegneri oggi

Metto le mani avanti: per procedere nella lettura di questo post è richiesta una dose minima di autoironia, che purtroppo non è inclusa come materia di studio nei programmi ministeriali.

Inizio con una provocazione, per affrontare di petto l’argomento. Penso che sia importante stimolare una riflessione sul significato dell’essere ingegneri ai nostri giorni, che ad ampio spettro può essere dedicata a chi ingegnere lo è già, magari assuefatto dalla routine di applicazione di standard e algoritmi di varia natura; a chi è appena uscito a rivedere le stelle dopo anni di fatiche inenarrabili dietro i banchi dell’università e si trova alle Colonne d’Ercole della vita, più o meno pronto/a ad affrontare l’Oceano; a chi ingegnere spera di diventarlo, con un mix di sogni ed ambizione.

A volte si confonde, nel sentire comune, l’essere ingegneri con il saper fare dei calcoli, che a volte possono essere molto complessi.
Grazie al cielo viviamo in un’epoca in cui la potenza di calcolo non è più una risorsa limitata, tanto che è più facile dimensionare un reattore nucleare che far quadrare i conti di una famiglia di 4 persone.

Ma allora a cosa servono gli ingegneri? Perchè servono a qualcosa, vero?

Mi sbilancio: sì, secondo me servono! Ma serve anche un cambiamento di paradigma.
Spesso con leggerezza ci lasciamo attaccare sulla fronte l’etichetta dei problem solver seriali, come se fossimo dei computer che si possono comprare su Amazon. Ma sotto quella dura scorza di razionalità e di anaffettività c’è – o ci dovrebbe essere – un cuore che batte.
Al di là delle solite menate sulle “competenze leggere” vorrei sottolineare l’importanza che hanno le “esperienze significative” sulla formazione del curriculum vitae di un ingegnere.
Non voglio entrare troppo nel personale, ma vi posso assicurare – e parlo soprattutto per le matricole – che buttarsi a capofitto sullo studio dell’ingegneria, senza avere cura dello sviluppo integrale della propria persona, può avere effetti collaterali molto gravi.
Studiate la scienza delle costruzioni e la teoria dei segnali, ma non dimenticate di costruire e mantenere relazioni sane e belle con i vostri amici, le vostre famiglie, il o la vostra partner. Sognate, giocate, imparate ad interpretare i segni dei tempi.

E forse alla fine di questo avventuroso percorso, quasi come Pinocchio nella favola di Collodi, vi ritroverete ad essere degli ingegneri in gamba che sanno collaborare con altre figure professionali per il bene comune, ma forse ancora di più: delle persone veramente autentiche.

Pipperi a San Martino 2014

Nati per vincere

Nati per vincere è il titolo di un noto libro sull’analisi transazionale in psicologia. È un libro che ha fatto la storia per certi versi, e che andrebbe letto da tutti almeno una volta nella vita. La lettura, forse un po’ banale, che ne ho fatto io, è che siamo tutti nati per essere felici, e la ricerca della felicità deve essere la priorità di ognuno di noi. La vittoria per la vita di tutti noi è la felicità: ogni tanto parto per la tangente e sogno un mondo dove vivremo tutti felici, dove non ci si ricorderà più cosa sia la depressione, la mestizia e la paura, in una sorta di epidemia di salute mentale.
Basta guardarsi un po’ attorno per accorgersi quanto, purtroppo, siamo lontani da questa utopia. La vittoria è concepita come schiacciamento dell’altro, dominio mio su di te e sul resto delle persone e delle cose. È la competizione il vero male del nostro tempo; nasciamo con la convinzione che dobbiamo essere i primi in ogni ambito della nostra vita, l’imperativo categorico è l’affermazione di sé su tutte le cose. Consiglio di andare a vedere una partita di calcio di un qualsiasi campionato per bambini: a meno che non ci si trovi di fronte ad un’eccezione vedrete degli allenatori che selezionano i bambini neanche fossero in Champions League, e genitori che dagli spalti maledicono gli avversari dei loro figli. Tanto l’importante è vincere, non giocare, giusto? Forse avremmo bisogno di qualche folata di Spirito Olimpico! O semplicemente dovremmo tirare fuori i nostri giocattoli di quando eravamo bambini e tornare ad imparare a giocare insieme.

Si cerca di vincere sugli altri e non con gli altri. Vedo questo come una carenza dell’educazione in senso lato, in termini tecnici una mancanza di assertività. Ho letto qualche libro sul tema e lo spunto più bello che mi è rimasto, e che ho cercato di fare mio è la ricerca di uno stile comunicativo non aggressivo e non passivo. L’assertività mi ha insegnato a cercare di esprimere me stesso senza trascurare quelle che sono le mie sensazioni, idee ed emozioni, nel rispetto degli altri. Un rispetto che non mira semplicemente a non far male all’altro ma che cerca la possibilità di sognare, di costruire, di vincere insieme .

Questo discorso può facilmente allargarsi dalla sfera individuale a quella comunitaria, fino ad abbracciare tutta l’Umanità. Viviamo in un mondo complesso, complicato, ma credo fermamente che l’anelito alla Pace, insito in ogni Uomo e Donna di buona volontà, se opportunamente sincronizzato con le vibrazioni dell’universo sia più potente di qualsiasi bomba atomica. La Pace che intendo io non è la pace dei sensi, ma passa ancora una volta per la creazione di ponti tra i popoli e le persone, per far crescere rigogliosi i terreni aridi. Ponti e non muri; semi e non diserbante. È una Pace rumorosa fatta di danze folkloriche e di musica etnica, di amicizia disinteressata e senza pregiudizi. Questi “miracoli” accadono quotidianamente nella vita di tanti e penso che siamo arrivati al punto in cui il surplus di energia positiva che si genera in chi fa questa esperienza sia ormai tale da non trovare alcuno ostacolo ad una sua manifestazione su scala globale. Non è impossibile, è solo questione di tempo.

Chiedo venia se tratto un aspetto preso dalla tradizione cristiana, dalla quale provengo. Parliamo tanto spesso di Crocifisso nelle aule scolastiche, ma non ci ricordiamo che la vera immagine della vittoria è il Risorto! La croce non è l’ultima parola; ognuno di noi ha la sua, la sofferenza fisica e psichica, i lutti etc. Ma guai a dimenticarsi che la croce è stata superata da Gesù Cristo. Non siamo nati per essere crocifissi, ma per risorgere; questa sarà la vittoria per chi abbraccia la fede cristiana e porta la sua croce fino in fondo.

Per cercare di restare più concreti possibile cerco di elencare alcune applicazioni dell’ingegneria civica per aiutare gli uomini a vincere. Il comune denominatore degli interventi di ingegneria civica è la progettualità

  1. La pratica dello sport a tutti i livelli deve essere improntata al miglioramento di sé in accordo con il motto olimpico. Bisogna educare fin da subito gli sportivi ad accettare la propria sconfitta, ovvero la propria ombra.
  2. Attraverso tutti i mezzi disponibili si deve applicare un’educazione ad un tifo sportivo sano, che debelli il fenomeno degli ultras, che è assolutamente nocivo per la società e per niente costruttivo.
  3. Vanno incentivati comportamenti ed abitudini che mettano i cittadini nelle condizioni di rendersi felici a vicenda, promuovendo in tutti i modi la reciprocità
  4. Qualcuno diceva che chi vuole essere il primo si faccia servo per amore. Dobbiamo rendere il mondo una comunità globale fondata sul servizio.