Una Valle Caleidoscopica

La Val Cellina è per me un ambiente fantastico. Una sorta di Narnia, frutto dell’immaginazione di C. S. Lewis, in versione friulana. So di non sapere e per questo non mi voglio vantare di esserne un profondo conoscitore; di sicuro ho in mano tanti pezzi di puzzle, tanti piccoli quadretti che ad una prima impressione possono apparire totalmente privi di relazione. Sono curioso di sapere cosa viene fuori se provo a incastrarli.

La presenza scout in Val Cellina

Si tratta di una storia bella da raccontare. La Base di Bosplans è un punto di riferimento per lo Scoutismo Friulano, come lo è quella di Colico per lo Scoutismo Italiano. Vi rimando al libro pubblicato in occasione dei 25 anni della Base, per attingere alla documentazione storica, che è molto vasta. Personalmente tra l’esperienze più significative che ho vissuto da scout in Valcellina ricordo con grande piacere il Campo di Formazione Metodologica con memorabile ambientazione sul film “I Blues Brothers” e catechesi su “Bruce Almighty – Una settimana da Dio” nel 2006. E poi il Campo di Zona per il Centenario dal primo Campo Scout a Brownsea, nel 2007, ambientato proprio sulle Cronache di Narnia. Qualche ragazzo di quella volta forse si ricorderà di una mia intensa interpretazione del Fauno Tumnus in calzamaglia assieme all’amico Daniele di Fiume Veneto nei panni di un’improbabile Lucy, nel pratone di Pinedo.

Non si può parlare di Val Cellina e scoutismo senza menzionare Ezio Migotto. Ogni scout pordenonese, friulano e forse anche oltre, associa il suo nome alla Base di Andreis e alla sua passione per l’educazione dei ragazzi e delle ragazze attraverso l’applicazione del metodo scout. Personalmente ricordo un momento preciso, un suo inciso pulito ed essenziale: al termine di un Campo ero molto stanco, forse demotivato per non aver trovato la mia dimensione come capo; lui mi ha incitato a non mollare e a distanza di anni lo ringrazio per quelle parole e gli dedico questa Canzone , una delle mie preferite in tutto il repertorio scout.

Prospettive di Sviluppo Sostenibile

La ValCellina non è solo un parco giochi per gli scout! Si tratta di un ecosistema meraviglioso e delicato, con la presenza di opere ingegneristiche che hanno avuto, hanno ancora e avranno in futuro un grande impatto sulla vita dell’uomo e della Natura. Una di queste – la vecchia strada della ValCellina – è stata progettata da un mio antenato, l’Ing. Federico Gabelli. Le dighe di Barcis e Ravedis sono state progettate per fornire acqua potabile ed energia elettrica alla popolazione di valle, oltre a cercare di garantire un’efficace laminazione delle piene.

Mio fratello Giovanni, titolare di Nuova Contec srl, azienda di Montereale Valcellina, ha avuto un’intuizione geniale, che io ho sviluppato: il marchio CellinaValley lega l’azienda al territorio, alla formazione di operatori specializzati nel campo dell’idraulica urbana e della protezione idraulica del territorio. Sarebbe bello se il brand CellinaValley fosse associato a queste tematiche così come quando parlando di Silicon Valley si pensa immediatamente all’hi-tech.

Il Dialogo tra Scienza, Tecnica e tutto ciò che è Umanesimo, va visto come motivo di arricchimento reciproco. Va considerato come un volano che ci aiuterà a “ritornare all’innocenza” di una vita vissuta in equilibrio con la Natura, con gli altri, e per chi crede con Dio.

Il momento della mediazione e della sintesi

Oltre agli scout e agli ingegneri ci sono diverse categorie per cui la Val Cellina rappresenta una sorta di luogo sacro; è evidente che sia necessario un lavoro certosino per individuare un filo conduttore che dia un senso compiuto al puzzle nel suo complesso. Si tratta di un lavoro di mediazione e di creazione di significato che può essere un’occupazione a tempo pieno per molti.

La Poesia di Federico Tavan – originario di Andreis e morto nel 2013 – ci permette di provare a “stare nelle scarpe” degli autoctoni, e rappresenta una preziosa chiave di lettura della vita vissuta nella Valle. Questa voce non è l’unica che ha raccontato la Val Cellina, di sicuro una delle più acute ed autentiche..

Il paradigma dell’Ecologia Integrale così come inteso da Papa Francesco nella Laudato Si risulta essere particolarmente rilevante in questo contesto. Il campo di azione per gli ingegneri civici è praticamente sconfinato!

Photo Credits: Roby Stradella 2021

alba sul garda bresciano

Essere ingegneri oggi

Metto le mani avanti: per procedere nella lettura di questo post è richiesta una dose minima di autoironia, che purtroppo non è inclusa come materia di studio nei programmi ministeriali.

Inizio con una provocazione, per affrontare di petto l’argomento. Penso che sia importante stimolare una riflessione sul significato dell’essere ingegneri ai nostri giorni, che ad ampio spettro può essere dedicata a chi ingegnere lo è già, magari assuefatto dalla routine di applicazione di standard e algoritmi di varia natura; a chi è appena uscito a rivedere le stelle dopo anni di fatiche inenarrabili dietro i banchi dell’università e si trova alle Colonne d’Ercole della vita, più o meno pronto/a ad affrontare l’Oceano; a chi ingegnere spera di diventarlo, con un mix di sogni ed ambizione.

A volte si confonde, nel sentire comune, l’essere ingegneri con il saper fare dei calcoli, che a volte possono essere molto complessi.
Grazie al cielo viviamo in un’epoca in cui la potenza di calcolo non è più una risorsa limitata, tanto che è più facile dimensionare un reattore nucleare che far quadrare i conti di una famiglia di 4 persone.

Ma allora a cosa servono gli ingegneri? Perchè servono a qualcosa, vero?

Mi sbilancio: sì, secondo me servono! Ma serve anche un cambiamento di paradigma.
Spesso con leggerezza ci lasciamo attaccare sulla fronte l’etichetta dei problem solver seriali, come se fossimo dei computer che si possono comprare su Amazon. Ma sotto quella dura scorza di razionalità e di anaffettività c’è – o ci dovrebbe essere – un cuore che batte.
Al di là delle solite menate sulle “competenze leggere” vorrei sottolineare l’importanza che hanno le “esperienze significative” sulla formazione del curriculum vitae di un ingegnere.
Non voglio entrare troppo nel personale, ma vi posso assicurare – e parlo soprattutto per le matricole – che buttarsi a capofitto sullo studio dell’ingegneria, senza avere cura dello sviluppo integrale della propria persona, può avere effetti collaterali molto gravi.
Studiate la scienza delle costruzioni e la teoria dei segnali, ma non dimenticate di costruire e mantenere relazioni sane e belle con i vostri amici, le vostre famiglie, il o la vostra partner. Sognate, giocate, imparate ad interpretare i segni dei tempi.

E forse alla fine di questo avventuroso percorso, quasi come Pinocchio nella favola di Collodi, vi ritroverete ad essere degli ingegneri in gamba che sanno collaborare con altre figure professionali per il bene comune, ma forse ancora di più: delle persone veramente autentiche.

Invarianza idraulica 4 dummies

Giovedì scorso ho avuto il piacere di prendere parte ad un convegno sull’invarianza idraulica a Gorizia, organizzato dall’ordine dei geologi del FVG con il patrocinio della Regione (spero di non aver dimenticato nessuno).
Non sono sicuro di riuscire a trattare il tema dell’invarianza idraulica in modo esaustivo, ma un’idea di fondo ve la potete fare consultando questo sito.
Ci provo lo stesso con parole mie: in un Paese come il nostro, con una vera e propria spada di Damocle sulla testa (il dissesto idrogeologico), il principio dell’invarianza idraulica ci suggerisce che ogni intervento sul territorio deve essere tale da non comprometterne le caratteristiche dal punto di vista del drenaggio. Ad esempio quando si costruisce un nuovo parcheggio bisogna prevedere delle misure (tetti verdi, bacini di invaso, etc.) che scongiurino il drastico aumento della portata di deflusso dalle superfici scolanti dovuto ad esempio all’aumento di superficie asfaltata, e quindi non drenante.
Quello che posso fare è testimoniarvi quanto questo tema sia affascinante e come tanti giovani ingegneri (e non solo) possono a tutti gli effetti innamorarsene, prendendolo come una sorta di vocazione per cui poter spendere una vita.

Da grande voglio fare il modello

No! Avete pensato male, io intendevo il modello idrodinamico. Permettetemi una breve captatio benevolentiae per chi mi ha insegnato qualcosa su questi benedetti modelli: al Professor Matteo Nicolini (UniUD), che è intervenuto al convegno con una presentazione sui principi dell’invarianza idraulica, sono molto grato per avermi introdotto all’uso di EPA SWMM ai tempi della tesi di Master. E non posso dimenticare anche il Prof. Vincenzo Armenio (UniTS), il dream team dell’OGS di Trieste, Rita Ugarelli (UniBO e SINTEF) e Gernot Paulus (CUAS): siete nella mia top ten dei prof più dannatamente cool dell’Universo. Dulcis in fundo una dedica di questo post a Michele Busetto, senza di te probabilmente non sarei mai diventato un ingegnere. Dovevo farlo, chiedo venia.
Stupefacente è la potenza di calcolo che è ora messa a disposizione dei ricercatori nel campo dello studio dell’idraulica e non solo. Ma i modelli non sono videogiochi ed è auspicabile e quanto mai opportuno che chi andrà a utilizzarli sia preparato ad interpretarne l’output in modo corretto. Ciò che davvero conta è la capacità di utilizzare questi strumenti per supportare le decisioni di chi gestisce i sistemi di drenaggio. Decisioni che sono alquanto delicate vista la fragilità di questo nostro mondo.

Un po’ migliore…

E poi direte che sono monotono, e forse avete ragione. Credo sia vero. Penso che l’invarianza idraulica sia estendibile ulteriormente. Non basta mantenere lo status quo; è opportuno migliorare. E mi viene in mente quell’articolo della Legge Scout che dice: “La Guida e lo Scout amano e rispettano la natura”. Sì, possiamo osare! Abbiamo un mondo per le mani che è una meraviglia, possiamo e dobbiamo consegnare ai nostri figli qualcosa di ancora più bello.